Azimut/h al Guggenheim

Venezia

Con Non ci si stacca dalla terra correndo o saltando; occorrono le ali di Piero Manzoni, il Guggenheim di Venezia apre la mostra Azimut/h. Continuità e nuovo, un eccezionale tributo alle neoavangurdie, ricordando appunto con il titolo la galleria e la rivista fondata nel 1959 a Milano da Enrico Castellani e Piero Manzoni. Un salto nel pieno della storia dell’arte, non molto lontana, ma profonda e carica di nuove evoluzioni concettuali e tecniche capaci di sconvolgere ancora oggi il modo di osservare e leggere l’arte stessa. Si parla di un vero terremoto creativo e pensando ad Azimut/h non possiamo che definirlo come uno dei grandi catalizzatori della cultura visiva e concettuale italiana ed europea dell’epoca, e ponte ideale tra una nuova generazione rivoluzionaria, ironica e cruciale nella più stretta contemporaneità.
Esperienza straordinaria, di fulminea durata e intensissima attività, racchiusa in due anni. Diversificate, Azimut, la galleria, e Azimuth, la rivista, hanno dato vita e formalizzato un’autentica nuova concezione artistica. Solo due i numeri usciti, il n.1 nel 1959 ed il n.2 nel gennaio 1960, ma il magazine, la cui copertina e la linea grafica erano di Cecco Re, aveva un forte connotato teorico sull’arte e pubblicò testi di intellettuali e critici partendo da Gillo Dorfles, Guido Ballo, Vincenzo Agnetti fino a Bruno Alfieri, opere di artisti come Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Yves Klein, Jean Tinguely, Lucio Fontana, ma anche poesie di Edoardo Sanguineti, Nanni Balestrini, Elio Pagliarani, Leo Paolazzi ed altri protagonisti degli anni Cinquanta e Sessanta. Oggi la mostra a cura di Luca Massimo Barbero ha scelto di proseguire un’indagine approfondita sulla scena artistica del secondo dopoguerra, avviando le celebrazioni della neo-avanguardia europea che proseguiranno, dal 10 ottobre, con la mostra Zero: Countdown to tomorrow, 1950s-60s, al Solomon R. Guggenheim museum di New York, a cura di Valerie Hillings, di curatorial affairs Abu Dhabi project.

Non solo Continuità e nuovo è un evidente richiamo al testo scritto da Castellani per il secondo numero della rivista pubblicato insieme all’indimenticabile Libera dimensione di Piero Manzoni, Una nuova concezione di pittura di Udo Kultermann e L’oscurità e la luce di Otto Piene, proposti in lingua italiana, inglese e francese. Due maestri, due vere colonne italiane che sorreggono l’arte mondiale.

Piero Manzoni nasce a Soncino il 13 luglio 1933, dopo gli studi liceali classici a Milano, frequenta senza continuità le facoltà di legge e filosofia a Milano e Roma. Per molti anni, in estate, soggiorna ad Albisola, in Liguria, luogo di villeggiatura e ritrovo di numerosi artisti da Asger Jorn a Lucio Fontana. Nel 1956 debutta come artista alla 4a Fiera mercato. Inizia così un’intensa attività, partecipando a mostre collettive e firmando diversi manifesti con altri artisti, tra i quali Enrico Baj, Guido Biasi, Ettore Sordini, Angelo Verga e aderendo al Movimento arte nucleare che lascerà all’inizio del 1958. Dalla fine del 1957 realizza i primi quadri bianchi. Espone con Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani in diverse occasioni e inizia la sua collaborazione, che continuerà negli anni successivi, con gli artisti del Gruppo zero di Düsseldorf e altri gruppi della neoavanguardia europea. Il 6 febbraio 1963 muore improvvisamente di infarto nel suo studio di via Fiori Chiari a Milano.

Castellani nasce a Castelmassa (Rovigo) nel 1930. Si trasferisce a Bruxelles, dove frequenta i corsi di pittura e scultura all’Académie des beaux arts e, nel 1956, si laurea in architettura all’École nationale supérieure de la cambre. Rientra a Milano, nel 1959 realizza la sua prima superficie a rilievo. Con Piero Manzoni, che aveva stabilito rapporti con artisti in tutta Europa, prende parte alle esperienze del gruppo Zero e, con lui si lega ad altre realtà. E proprio nella galleria Azimuth nel 1960 presenta la sua prima esposizione personale. Una vita carica di mostre, pubblicazioni e riconoscimenti come nell’ottobre 2010 quando riceve dal Principe Hitachi, patrono onorario della Japan art association, il Praemium imperiale per la pittura, il più alto riconoscimento artistico a livello internazionale.

Il Guggenheim ospita, lungo un percorso che si sviluppa in sei sale, oltre ai lavori dei maestri Manzoni e Castellani, le opere degli artisti che ruotarono intorno alla galassia di Azimut/h, da Lucio Fontana ad Alberto Burri, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Yves Klein, Jean Tinguely, Heinz Mack, Otto Piene e Günther Uecker.

Azimut/h. Continuità e nuovo, fino al 19 gennaio
Collezione Peggy Guggenheim
Palazzo Venier dei Leoni Dorsoduro 701, Venezia
Info: www.guggenheim-venice.it

 

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