Picasso, modernità spagnola

Un altro, nuovo, inedito Pablo Picasso. Da domani 20 settembre a Firenze con la mostra di Palazzo Strozzi Picasso e la modernità spagnola, le 9 sale ospitano opere del maestro, tutte provenienti dal Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofìa di Madrid, a confronto con importanti artisti spagnoli come Joan Miró, Salvador Dalí, Juan Gris, Maria Blanchard, Julio González. Circa 90 pezzi d’autore, organizzati in nove sezioni, ripercorrono un periodo cronologico compreso tra il 1910 e il 1963: un ampio tratto di storia, di vissuto e di realtà, che apre scorci e squarci artistici ed emotivi dell’artista non ancora così noti e dibattuti. Il curatore Eugenio Carmona sottolinea quanto la «necessità di recuperare Picasso, di farlo proprio, di considerarlo come mito necessario, è tratto peculiare delle esperienze spagnole della modernità. Per gli innovatori spagnoli Picasso non era solo il portatore di una soluzione plastica da analizzare o imitare, ma era l’emblema di una tradizione culturale trasformata che, rompendo il proprio ambito e ridefinendosi, era arrivata a trasformarsi in riferimento internazionale partendo dal primato dell’innovazione creatrice».

Da questa consapevolezza, l’idea innovatrice alla base del percorso espositivo: la rivelazione di lati non ancora esplorati di Picasso e della sua ricerca artistica. La mostra sembra infatti nascere proprio dalla volontà di indagare il rapporto dell’Arte con la vita dell’autore, con l’essere artista, con la storia e la società moderna. Una rivelazione progressiva, alle volte intimista e introspettiva, alle volte pubblica e tragicamente plateale. Opere che si parlano, che dipendono l’una dalle evoluzioni dell’altra, un continuo rimando al futuro e ritorno al passato, intorno all’individuo e alle sorti dell’umanità. Un’indagine complessa e ambiziosa che vuole lasciare il segno, con opere mai esposte prima a Firenze, e con la riscoperta di un artista che sembra non esaurire mai le proprie risorse creative e interpretative. La realtà gioca un ruolo fondamentale nella produzione artistica del maestro e dei suoi successori, ma non rimane mai elemento rigido e oggettivo: essa si fonde continuamente con le diverse sensibilità e angolazioni del vivere, declinandosi nelle poetiche e nelle forme del Surrealismo spagnolo, tra Realtà e Sopra-realtà (sez. Realtà e sopra-realtà). Nella sala Idea e Forma sono riunite sia opere astratte che figurative di carattere costruttivo, dal Cubismo all’arte concreta, che mostrano gli elementi fondamentali della poetica della forma concreta, percorrendo le differenti circostanze storiche, socioeconomiche e politiche in cui si è via via ridefinita. La sezione Lirismo. Segno e superficie affronta il cambiamento di sensibilità di molti artisti moderni, soprattutto spagnoli, che hanno voluto unire l’arte moderna all’intuizione, all’istinto, alla volontà di far sì che con la pittura e la scultura si provocassero sensazioni equivalenti a quelle suscitate dalla poesia, promuovendo però la gioia vitale e il fluire, in contrapposizione al sentimentalismo.

Le opere della sezione Riferimenti – sembra voler ribadire l’assioma che prima di fare arte, l’artista deve riuscire a definire cosa sia veramente arte. Un tarlo che tormeterà sempre il maestro, che apre e chiude la mostra con due dipinti che vedono protagonista proprio il momento creativo: l’artista di fronte alla sua modella nell’atto di ritrarla, azione generativa in senso assoluto. Studia, approfondisce, cambia e torna spesso sui medesimi temi e soggetti, è principe assoluto della ‘variazione’ moderna (sez. Variazioni), nell’accezione musicale del termine. Rafforza il tema, lo trasforma, lo abbellisce o lo fonde con altri: raramente, infatti, un’opera importante di Picasso è un prodotto unitario, senza repliche, senza reiterazioni e senza variazioni. Altro punto focale della sua ricerca, il fervente rapporto dell’uomo con la propria natura istintuale e la sorte, il caso, che non può mai controllare o dirigere completamente. Picasso rivive nel suo alterego bestiale, il mitologico Minotauro, (sez. Il Mostro). Attraverso di lui parla di se stesso e della condizione psichica dell’arte e dell’artista nella modernità, cerca di liberare il mostro attraverso la luce della verità fino a incontrare il nodo centrale della mostra, della vita stessa di Pablo Picasso e di tutti gli spagnoli: lo scoppio della Guerra civile nel 1936. Da qui, l’elaborazione del Mostro si estende alla Tragedia (sez. La Tragedia). Nel 1937, in piena Guerra civile, il governo della Repubblica commissionò a Picasso un dipinto di grandi dimensioni per il Padiglione spagnolo dell’Esposizione Universale di Parigi. Picasso non trova ispirazione fino a che ebbe luogo il bombardamento genocida di Guernica, città emblematica della cultura e delle tradizioni legislative del popolo basco. Brutalità e sgomento, i simboli identitari di un popolo che si contorce nello strazio e nella perdita, ma non nella sconfitta. Il cavallo – rappresentazione simbolica del popolo – è umanizzato e unito dalla sofferenza alla madre che soffre per il figlio morto. Ecco l’idea di fondo che ispira l’artista nell’elaborazione del Guernica (sez. Verso Guernica): una costellazione di relazioni che emrgono già dallo straordinario nucleo di disegni preparatori, incisioni e dipinti che testimoniano l’ispirazione e il lavoro giorno per giorno di Picasso per la realizzazione del capolavoro del 1937. La mostra si conclude con la sala Verso un’altra modernità: qui si esplicitano i modi in cui gli artisti spagnoli hanno affrontato la svolta verso un’altra nozione di modernità nell’apertura cronologica ed estetica del presente. Percorrendo la Storia, negli anni cinquanta Picasso si converte in un mito vivente, anche se la sua opera inizia, e continua tutt’oggi, a essere vista come il riverbero di tutta la sua grandiosa traiettoria precedente.

Dal 20 settembre al 25 gennaio, Palazzo Strozzi, piazza degli Strozzi, Firenze; info: www.palazzostrozzi.org