Daniel Buren per la Triennale

L’opera Cinq couleurs pour un cylindre di Daniel Buren, una grande vetrata divisa in rettangoli dai colori forti e con le caratteristiche linee, è stata donata dai collezionisti Daniela e Alvise Braga Illa alla Triennale di Milano lo scorso mese di maggio. Il nuovo intervento milanese costituisce un esercizio di estremo rigore che si stempera sulle proporzioni dell’edificio della Triennale, occupando permanentemente la vetrata della celebre scala elicoidale di Giuseppe Pagano, decorata in occasione della mostra dedicata ai 40 anni di carriera di Massimo Minini.

Si tratta proprio di un intervento che modifica la percezione e la luce dello spazio e, come in passato ha dichiarato Buren, guai a chiamarla installazione: «Questo termine è utilizzato consapevolmente quando si parla di installazione di una vetrina dove tutto è fatto con finalità commerciali per allettare il passante curioso. È esattamente ciò che accade nell’arte con quelle che vengono chiamate installazioni, ovvero messa in scena temporanea per la vendita di oggetti eterogenei o no la cui caratteristica principale, perlomeno, paradossale, è di non avere nulla a che fare con la problematica del luogo, così come un paio di scarpe ben sistemate nella vetrina di un grande calzolaio non ha a che fare con il luogo di esposizione. È per queste ragioni, tra le altre, che questo termine non mi sembra assolutamente adatto e che mi appare addirittura in antitesi con il mio lavoro».

La bellezza e l’efficacia delle grammatiche visive di Buren hanno un fascino molto popolare, meravigliosamente intuitivo che è divenuto il suo tratto distintivo. Non è solamente il suo motivo-signature di strisce verticali della stessa larghezza, ossessivamente ripetuto, con cui l’artista francese ha lavorato per decenni, ma soprattutto i parametri della sua estetica minimalista che fin dagli anni ’60, si è trasformata in un potente utensile concettuale, che ha investito programmaticamente la sua produzione visiva e testuale. Con estrema coerenza, Buren ha utilizzato e applicato questa semplificazione di dispositivi a un gran numero di lavori site-specific che hanno fatto storia. Le sue strisce, di tessuto prima e di differenti soluzioni poi, si sono declinate in un grande numero di colori e materiali: vetro, pietra ecc. e hanno abbandonato il terreno di una pura dichiarazione per approdare a una ridefinizione dello spazio pubblico o privato. Info: www.triennale.it