Musica e fotografia

Il ventennio Ottanta/Novanta ha rappresentato, per la musica indipendente italiana, un periodo storico particolarmente prolifico. Una band, su tutte, né è stato l’emblema: Cccp (Fedeli alla linea), che tra l’aprile e il giugno del 1990, nelle campagne di Reggio Emilia, chiudevano la loro avventura musicale registrando – quasi integralmente in presa diretta – a villa Pirondini, il disco Epica, etica, etnica, pathos. La location, una casa colonica settecentesca abbandonata, faceva da cornice al disco di una band, fautrice del punk filo-sovietico, che avrebbe avuto ancora molto da dire. Il brano di congedo, una dolce e struggente ballata, si intitola Annarella, lo stesso nome della “benemerita soubrette” Annarella Giudici, figura femminile che, insieme all’artista del popolo Danilo Fatur (Giovanni Lindo Ferretti, Gianni Maroccolo, Massimo Zamboni, Giorgio Canali e Ringo De Palma gli altri membri del gruppo), animava i concerti dei Cccp con indimenticabili performance e travestimenti, spaziando da bambola sexy a icona santa, da madre dolorosa ad (appunto) soubrette.

Oggi Annarella benemerita soubrette è diventato il titolo del prezioso volume fotografico edito da Quodlibet (272 pagine, 36 euro), con scatti inediti di Luigi Ghirri, autore della cover di Epica. Gli altri fotografi coinvolti nel progetto sono Federico Brandani, Vittorio Catti, Toni Contiero, Diego Cuoghi, Gianni Ingrosso, Roberto Rocchi, Roberto Serra, Rossana Tagliati, Benedetto Valdesalici, Claudio Oleari (oltre allo stesso Lindo Ferretti). Prefazione di Marco Belpoliti. Il libro raccoglie 290 immagini inedite, a colori e in bianco e nero, che raccontano la storia artistica di Annarella all’interno della band – precisamente a partire dal 1984, anno del suo ingresso nel gruppo emiliano, fino allo scioglimento – con una serie di focus su concerti, performance, passaggi televisivi, servizi fotografici e altre esibizioni. Suddivisi per aree tematiche (Emilia, Europa, Islam, Asia, sentimenti) gli scatti mostrano la “benemerita soubrette” nelle vesti di danzatrice classica oppure di ballerina di flamenco, di distinta signora con il cappellino e di mondina emiliana, di star dai rimandi dark e di paesana. Il travestimento è la sua cifra artistica, ma è sempre lei, una donna portatrice di un corpo che definire seducente è poco. Si veste e traveste: balla, canta, si dimena, sta ferma. Del resto, il travestimento rappresenta per Annarella la forma espressiva più diretta, capace di incidere quanto le parole all’interno degli equilibri creativi della band. Come recita, appunto, il brano Annarella: «Lasciami qui, lasciami stare, lasciami così, non dire una parola che non sia d’amore per me, per la mia vita, che è tutto quello che io ho, tutto quello che io ho, e non è ancora finita». Fedele alla linea, per sempre.

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