Mistaken for strangers

Mistaken for Strangers è il film documentario che narra un anno di tour della band indie rock statunitense The National. In prima istanza potrebbe apparire come un banale racconto dei concerti che il gruppo, formatosi a Brooklyn nel 1999, ha intrapreso durante la promozione del loro quinto album intitolato High violet, si rivela, invece, agli occhi dello spettatore, come un onesto e sincero racconto di un rapporto personale innescato tra i fratelli Berninger: Matt, leader e cantante dei National, e Tom aspirante regista e video maker. Matt Berninger invita suo fratello Tom a seguirlo durante i lunghi mesi di concerti che porteranno il gruppo a girare l’Europa e l’America, la narrazione è esilarante, comica a tratti commovente proprio per il candore con cui Tom riesce in modo ingenuo a disegnare un ritratto veridico del fratello famoso, ormai consacrato dalla stampa e dal pubblico come grande rock star. Il backstage rivela stati d’animo differenti: ansie, paure, eccitazioni si susseguono lasciando a Tom il compito di registrarle secondo la sua prospettiva e la sua naturale inclinazione. I problemi tra i fratelli Berninger ben presto faranno innescare accese discussioni, Matt non comprende gli atteggiamenti infantili di Tom che prosegue il tour spesso in preda all’alcol tralasciando il vero scopo della sua presenza. I due arriveranno a separarsi e a proseguire il proprio percorso in maniera parallela fin quando non si ritroveranno a lavorare a stretto contatto e a perseguire insieme il loro obiettivo comune nella realizzazione del film. Un documentario suggestivo che ha ricevuto diversi apprezzamenti a livello internazionale suscitando recensioni positive da parte di pubblico e critica. Durante la conferenza di presentazione del film abbiamo avuto la possibilità di intervistare Matt e Tom Berninger cercando di comprendere le differenti visioni che hanno innescato la produzione di questo racconto personale e fraterno.

Durante l’anno di tournée in cui avete vissuto a stretto contatto come si è evoluto il vostro rapporto? In che modo è cambiata la visione l’uno dell’altro?

Matt: «In un certo senso il nostro modo di vederci è cambiato. Mentre Tom lavorava al montaggio del film io e il resto della band eravamo occupati nella realizzazione del nuovo album, in quel momento c’è stato uno scambio reciproco, ognuno di noi nutriva l’altro nel comune interesse di realizzare qualcosa di diverso».

Tom, qual è stato il motivo iniziale per cui hai cominciato a seguire tuo fratello durante la tournée con i National?

«Prima di tutto avevo bisogno di un lavoro, lo scopo iniziale per cui ho imbracciato una telecamera consisteva nel produrre una serie di brevi videoclip tratti dal tour di High violet, successivamente ci siamo resi conto, insieme a Carin la moglie di Matt, che c’era qualcosa di più profondo da mostrare, che nei miei gesti in cui mi ubriacavo o piangevo era presente un racconto più ampio e coinvolgente».

Cosa avete imparato l’uno dell’altro durante le riprese e il montaggio del documentario?

Matt: «È complesso collaborare e creare con qualsiasi persona, ancora più difficile è lavorare con un fratello perché c’è qualcosa di profondo che si innesca. I rapporti familiari sono più intensi poiché esiste un grande affetto alla base ed è per questo motivo che i conflitti divengono macroscopici. Durante questi mesi ho imparato a vedere mio fratello non più come il ragazzino rompiscatole di quando eravamo bambini, lo vedo come un uomo e gli voglio bene in modo diverso».
Tom: “Sicuramente ho acquisito una maggiore sicurezza in me stesso e nel mio lavoro, Matt mi ha insegnato a non abbandonare i mie progetti, ad acquisire la consapevolezza dei miei mezzi, il suo innato ottimismo mi ha contaminato”.

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