Arte non solo a Roma con Mad

Mai come in questa edizione della rassegna estiva d’arte contemporanea curata da Fabio D’Achille in terra pontina si è registrata una partecipazione così ampia ed entusiastica; mai d’altronde questa manifestazione è risultata altrettanto allargata, potendo contare su quattro diverse e caratterizzanti sedi espositive, magistralmente – o casualmente?- dislocate a ricomporre la poetica del gioco infantile dei quattro cantoni, da ognuno dei quali ci si slancia repentinamente e furtivamente in direzione di quello che appare libero al momento, in una tensione emotiva e sensoriale che non consente di riprendere il respiro. Questa è la caratteristica, il marchio di fabbrica, dell’attività sempre crescente, sempre incalzante, intrapresa da Mad, Movimento arte diffusa, da alcuni anni a questa parte, considerandone non solo l’epicentro della città di Latina e la diffusione a macchia d’olio per tutto l’hinterland, con le propaggini meridionali di Sabaudia e Terracina, e quella a settentrione rappresentata dalla raccolta Manzù di Ardea – la fortezza del Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, con me nelle vesti del Capitano Drogo che scruta l’orizzonte in attesa perenne – ma anche con frequenti e fortunate incursioni nella Capitale, vissuta tuttavia dal Mad curator come fenomeno sporadico anziché sogno irraggiungibile. Ed è qui la forza dell’icona aniconica! Nel voler essere né più né meno che se stessa, senza sedi troppo ufficiali né troppo permanenti, amici di tutti e di nessuno, in piena autonomia gestionale e decisionale, tale da consentire la collaborazione au pair con istituzioni pubbliche così come con gallerie e imprese private, mantenendo alto anzi altissimo l’orgoglio di campanile di una tra le terre più belle d’Italia, piena di quei talenti artistici della scuola pontina- che scuola poi non è – ma aprendo di fatto questi quattro unici spazi espositivi ad artisti “altri”, in un appuntamento estivo ormai divenuto celebre.

È così che MAD presenta incontestabilmente le caratteristiche di primo e unico “ecomuseo dell’arte contemporanea” d’Italia, nella dislocazione ambientale di sedi espositive assegnate nel perimetro territoriale, e nel non avere altro statuto se non la smisurata passione curatoriale di Fabio D’Achille, che investe in modo diretto sia gli artisti che il pubblico coinvolto. Per quanto riguarda l’esercito dei partecipanti all’edizione 2014, colpisce la presenza di più nuclei generazionali a confronto come nel caso di Giovanni e Giulio Leonardi, padre e figlio, autori entrambi di installazioni da esterno, ma antitetici: Giovanni, con il suo fluido Otre di Eolo, Giulio con la sua rigida e poliedrica stella. O Rocco e Pino Genovese, coppia che ho avuto il piacere di ospitare alla Raccolta Manzù. Rocco, il padre, elegantemente astratto-geometrico come sempre, con Endomorfo; Pino, visionario, ambientalista e con un taglio tutto cinematografico nel contestualizzare la sua zattera in una serie di suggestive ambientazioni terracquee offerte dal contesto pontino. Un’altra coppia infine, non di padre e figlio, è il duo Garullo e Ottocento, con la suggestiva installazione Migrantes.

Si può notare sempre in questa edizione uno strano incrocio generazionale che si verifica rispetto al recupero di tecniche antiche da parte di artisti più giovani, e di iconografie più avveniristiche da parte di maestri più maturi. Mi riferisco a Otello Scatolini, giovane erede di una famiglia di marmorari romani, autore di un suggestivo clipeo marmoreo, Medusa, dall’elegante virtuosismo cambellottiano, e al bassorilievo in ceramica realizzato da Claudio Cottiga, raffigurante un supereroe dei fumetti: è come se tra due esponenti di generazioni artistiche così diverse si fossero sotto un certo aspetto ribaltati i ruoli, investendo il più giovane del recupero di una “cifra” stilistica del passato, e il più anziano di un inatteso e felice sconfinamento in campi non suoi. Ma è tutta linfa al discorso di un’arte che avanza, e che , lungi dal morire, malgrado la crisi si espande, come dimostra appunto la crescente fortuna di questa Odissea Contemporanea 2014. Dall’opera “componibile”, quasi ludica, di Marcello Trabucco, alla pittura-pittura di Fabio Mariani, dai manichini lunari di Cecilia de Paolis alle reti metalliche sospese nel vuoto di Rosi Losito, alla metafisica reinventata di Fabio Quagliozzi, spira, nella molteplicità dei linguaggi e delle tecniche, una tensione al sogno e alla fuga dalla realtà che bene si ambientano nella magia dell’estate pontina orchestrata da Fabio D’Achille.