Urban portraits

«Le fotografie si riferiscono ad altre fotografie già viste e divengono così immagini fluttuanti come quelle registrate dalla nostra memoria. I luoghi e gli oggetti che ho fotografato sono vere e proprie zone della memoria ovvero località che dimostrano più di altre che la realtà si è trasformata in un grande racconto». Luigi Ghirri, 1981.

La città è un tessuto connettivo che ingloba in sé differenti dimensioni percettive che risiedono nei reticolati delle sue strade, nella foresta di automobili ed edifici che si stagliano lungo i sentieri e i percorsi di chi abita questi spazi tentacolari. Urban portraits è un racconto corale delle metropoli, il progetto espositivo, ideato da spazio Ginko, prevede una rassegna suddivisa in dieci appuntamenti che ha lo scopo di narrare gli spazi urbani della contemporaneità. Il primo appuntamento, ospitato negli ambienti di palazzo Fandango Incontro, ha come tematica centrale i Public spaces, 19 fotografi provenienti da differenti città del globo hanno il compito di definire la loro personale visione delle aree metropolitane. Melissa Toledo, Mariano Esbrì, Renè Van Dam, Richard Orme Flinn, Roberto Olivadoti, Yves Lorson, Anthony Asael, solo per citarne alcuni, descrivono con il proprio filtro estetico lo spazio pubblico, simbolo di una comunità urbana in continuo movimento che decodifica la realtà circostante attraverso il filtro di ogni singola attività quotidiana. Gli elementi architettonici rappresentano la cornice privilegiata degli scatti presentati in mostra, attraverso la contestualizzazione metropolitana si percepisce la solitudine di una società che forse ha perso nei suoi tessuti edilizi il sentimento di collettività. Le città divengono testimoni di una memoria comune, una stratigrafia emozionale riconducibile alle identità di molteplici condizioni generazionali che si mescolano e producono itinerari espressivi dalle caratteristiche inedite.

L’uomo popola gli spazi cittadini e ne è l’inconsapevole attore protagonista, in ogni scatto si ha come l’impressione di trovarsi in un ambiente dilatato dove lo sguardo umano investe l’architettura contigua di significati eterogenei. «È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure». Nelle parole di Italo Calvino risiede la chiave per comprendere cosa si cela dietro lo spazio urbano, ogni città è frutto della propria visione, ogni fotografia è il manifesto cosciente e consapevole di identità nascoste che generano nuove prospettive, nuovi modi di abitare il tessuto cittadino.

Fino al 27 luglio, palazzo Fandango Incontro, via dei Prefetti, 22 Roma; info: www.urbanportraits.it