Gaetano Pesce al Maxxi

Gaetano Pesce da oggi accoglie il pubblico nella sua monografica al Maxxi che a lui deve la scelta del titolo Gaetano Pesce, il tempo della diversità a cura di Gianni Mercurio e Domitilla Dardi curatrice per il Design del Maxxi architettura. Una mostra che ripercorre l’intero percorso creativo del maestro a partire dagli anni ’60 per giungere fino ai giorni nostri attraverso disegni, bozzetti, schizzi, modelli originali e oggetti in scala. Un itinerario di «linguaggi casuali, risposte a momenti che nascono guardando la strada e osservando le persone – spiega Pesce – viviamo in un tempo non omogeneo in cui i valori si contrappongono e si contraddicono e questa diversità, ben lontana dall’omologazione che annoia, significa comunicare. L’arte deve essere un commento aperto della realtà in un mondo che oggi mostra i segni di cambiamento per un futuro migliore». Mercurio lo definisce indisciplinato, contrario ad ogni forma di specializzazione che porta alla solitudine e a favore di un approccio orizzontale, «Pesce ha sempre rifiutato ogni appartenenza di campo estetico e disciplinare, non vede una separazione tra il suo lavoro di designer, di artista e di architetto».

Sette percorsi tematici guidano nella complessa produzione di questo artista interessato alla trasformazione, alla sperimentazione dei materiali e delle forme in opere dalla forte connotazione narrativa: non standard, persona, luogo, difetto, paesaggio, corpo, politica. L’esposizione comprende opere del passato, del presente e lavori appositamente realizzati per questa mostra che potendo contare sulla presenza del maestro impone ai curatori di fare un passo indietro «abbiamo consegnato uno spazio, uno scheletro a cui Gaetano ha dato la sua interpretazione» spiega Dardi. A catturare l’attenzione nella piazza esterna l’enorme versione della Up 5&6, la poltrona/icona che metaforicamente lega con una catena un corpo femminile a una palla, creata da Pesce nel 1969 per denunciare la condizione femminile imprigionata dai pregiudizi maschili. Donna e anche mamma, questa seduta incarna molti dei temi ricorrenti nella produzione dell’autore, tra cui il legame con il corpo e l’aspetto performativo. Un esempio di come l’arte di Pesce parta dal reale, un ingrandimento site specific dell’originale che dialoga perfettamente con lo spazio del museo. Un luogo di riflessione che nei suoi 7 metri di altezza avvolge drammaticamente lo spettatore che da una parte si trova al cospetto di una serie di problematiche sulla condizione della donna e dall’altra assiste a un tributo a Malala Yousafzai e al suo coraggio. La mostra prosegue negli spazi interni del museo lungo la galleria 1 dove 40 pannelli mobili disposti su ruote affrontano il tema della diversità che si estende anche all’allestimento interattivo dettato dall’idea di dare al pubblico la possibilità di proporre una lettura sempre diversa. Il percorso labirintico conduce alla seconda installazione pensata appositamente per il Maxxi. Un orologio di ghiaccio scandito dal ritmo delle gocce che lentamente lo sciolgono producendo consistenze e suoni imprevedibili, una scatola igloo in cui il tempo «che nel suo scorrere è sempre diverso, a differenza di come viene normalmente concepito» per utilizzare le parole di Pesce, diviene il protagonista.

Gioisce Pesce per un commento che definisce la sua mostra allegra, «la cultura è gioia e conoscenza» dice il maestro, «piccole sorprese, incoerenze, linguaggi espressioni di una creatività che non conosce barriere, l’arte non ha corridoi e questo è un insegnamento che ci portiamo dietro dal Rinascimento». Ecco come si presenta uno spazio vissuto da oggetti dalla forte carica emotiva, una mostra ricca di colori, attrazione non solo per un godimenti visivo ma dove anche l’udito, l’olfatto e il tatto solleticati da espliciti inviti all’esplorazione possono lasciarsi andare al tempo della riflessione su sgabelli che recitano “per i visitatori portatemi dove avete bisogno di sedervi”.

Fino al 5 ottobre, Maxxi, via Guido Reni 4, Roma; info: www.fondazionemaxxi.it