De rerum natura

Il paesaggio è sempre più protagonista nella mostre contemporanee, Studio la città, Verona, ha inaugurato De rerum natura, una collettiva curata da Angela Madesani con la collaborazione di Andrea Lerda. L’esposizione indaga il complesso rapporto fra uomo-ambiente-natura attraverso l’eccezionale filtro dell’arte con gli occhi di una quindicina di artisti italiani e non, appartenenti a diverse generazioni. Uno sguardo preciso ed attento che segue alcune possibili declinazioni: natura naturans come oggetto e soggetto dell’arte attraverso la sua presentazione diretta, natura come entità portatrice di una sacralità laica e, infine, natura etica ed ecologia. Ben oltre una semplice mostra sul paesaggio, superando inevitabilmente anche la visione portata avanti tra gli anni Sessanta e Settanta. Progetti che vanno dall’inalazione alla fotografia toccano il disegno e la scultura.

Il titolo della rassegna arriva da molto lontano, è quello che il poeta latino Lucrezio, nel I secolo d.C.ha dato al suo poema epico-didascalico sulla natura. La scelta non è stata casuale: se l’opera di Lucrezio era un richiamo alla responsabilità personale, un invito alla presa di coscienza sulla sfaccettata realtà del circostante, con tutti i suoi problemi, qui ci troviamo in una posizione molto vicina, in cui l’arte deve e può servire da monito all’uomo a porsi in maniera diversa all’interno del suo contesto vitale. Così come è avvenuto con la nascita della Land art e l’accentuarsi a livello internazionale del dibattito ecologico, anche in questo caso l’arte e il design diventano lo spunto per una serie di riflessioni, che ci portano ad affrontare domande che pretendono risposte. Non è più possibile rimandare a domani, il domani non ha certezze mentre il presente può costruire un futuro equilibrato. Il desiderio di vivere insieme, in armonia, in simbiosi con la natura, con la volontà di continuare ad attribuire valore ad un’eredità comune. Immergerci nella purezza del concetto di sviluppo sostenibile, con caratteri innovativi che si riferiscono all’aspetto intergenerazionale, dove l’accento è sulle esigenze e i bisogni delle generazioni del domai e mantenere una determinata qualità dell’ambiente, rispettando i limiti ecologici di assorbimento di rifiuti e inquinanti. Tra gli artisti Emanuele Becheri nato a Prato nel 1973. Dal 2004, dopo una serie di permanenze all’estero, si stabilisce nel suo paese d’origine, Vaiano, una cittadina tranquilla che si arrampica verso l’Appennino. Qui inizia nuovi percorsi che aderiscono ad una diversa idea di disegno che lo portano ad affermare un gesto che si auto produce attraverso un atto liberatorio, come ad esempio posando delle chiocciole su fogli di carta per studiare la traccia di bava che rimane alla fine del loro cammino. Azioni semplici che mostrano ciò che la natura delle cose ha in se come potenziale, rivelando nient’altro se non ciò che sta sotto gli occhi di tutti ma che è ancora da scoprire. Nei lavori successivi, la traccia sonora di autocombustioni di accendini, rileva mondi di suoni insospettabili. In quest’ultimo anno di attività, l’artista si sta concentrando su una serie di performance live dal titolo Impressions dove, insieme ad una compagine ogni volta diversa di musicisti, crea su un film visto per la prima volta con una colonna sonora improvvisata. Anche in Studio la Città è presente con un’opera video, Time out of joint del 2008.

Il fuoco è protagonista in tre video proiezioni e in un catalogo con una serie di scatti. Andrea Caretto nato a Torino nel 1970 e Raffaella Spagna, Rivoli nel 1967 concepiscono l’arte come una forma di ricerca, un modo libero di investigare le dimensioni multiple della realtà; i loro lavori sono sempre il risultato di un processo relazionale, nel senso che emergono dalla complessa rete di relazioni che gli autori stabiliscono con differenti elementi sia organici, inorganici o viventi. Collaborano stabilmente dal 2002 esponendo in istituzioni pubbliche e private in Italia e all’estero, sono tra i membri fondatori dell’associazione di artisti Progetto Diogene di Torino. «La relazione selvatico-domenstico — affermano gli artisti — lo spostamento bidirezionale da una condizione all’altra ed il rapporto ancestrale essere umano con organismi viventi, vegetali e l’ambiente fisico, costituiscono alcuni dei temi fondanti la nostra riceva artistica». Presenti con Prove di rettificazione_rami del 2011, hanno rimodellato dei rami dando vita a un unico bastone, così da creare delle strane deformità causate della violenza costrittiva del gesto. Molto interessante anche Essere ciottoli, dello stesso anno, un riferimento alla ricerca di Giuseppe Penone. Di primo impatto semplici sassi accatastati, ma in realtà materiali raccolti nel Rodano, durante un periodo di residenza, oggetti di scarto del mondo contemporaneo caduti nel fiume che li ha plasmati. In galleria anche Lynn Davis e le sue eccezionali immagini fotografiche come Iceberg III, Mikala Dweyer ha realizzato una istallazione proprio per la mostra Hanging garden, le sculture Botanica di Studio formafantasma, Herbert Hamak invece utilizza la resina nei suoi lavori Abend e Nacht. Jacob Hashimoto è protagonista con due opere, Untitled #8 e Tree III del 2008, Esther Mathis con One year of atmospheric exposure. Laura Pugno, Meccanismi di difesa, una proiezione video di 4 min. e Quel che Annibale non vide, 5 fotografie. Luca Rento in Ninfee, 17 giugno 2004 14.06.45 e 14.06.30, due video installazioni su monitor Lcd. Elisabeth Scherffig con Cava, anche Elisa Sighicelli utilizza il video in Dance bound. Eltjon Valle grida rabbia contro l’inquinamento grazie a 600 km oil earth del 2013. 4 quadrati di 91 cm di terreno, prelevati a Marinza, nel centro del paese balcanico e a Kucove, la città natale dell’artista. Zone dell’Albania in cui già durante la prima guerra mondiale vennero iniziate ricerche dell’oro nero da tecnici e geologi italiani, francesi e inglesi. Negli anni Novanta, dopo la caduta del comunismo, la popolazione, senza nessun controllo, e alla ricerca di denaro, ha iniziato a collegarsi senza alcuna attenzione a pozzi petroliferi, causando un disastro ambientale che ha toccato ora mia un’area di 32 kmq. Installazione realizzata in sede per anche Installation view di Andre Woodward con cemento, fili di ferro, ficus e bonsai ginseng, Massimo Vitali infine, con due grandi pannelli, Firiplaka red yellow diptych del 2011. Questa di Studio la Città è una collettiva che veramente colpisce e lascia il visitatore perplesso nel conoscere verità mai dette, dubbi mai posti e problematiche mai risolte.

Fino al 15 settembre, Studio la Città, Lungadige Galtarossa, 21; info: www.studiolacitta.it

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