Corrado Marchese, tra classico e rock

Una zampa di gallina, due gocce di Chanel n. 5, due piedi crocefissi, un elmetto, marmo bianco Carrara, rosa Portogallo, giallo Siena. Pezzi scartati e abbandonati da altri che, recuperati dall’artista, diventano piccole perle di poesia. Sommessa e preziosa, delicata come un fiore, ma graffiante come un giro di chitarra elettrica, l’espressività di Corrado Marchese, scultore padovano di nascita e carrarese per amore della materia, si svela attraverso una selezione di lavori che appartengono alla stessa ricerca. La pietra si attorciglia in racemi che avviluppano ossa e candele. Rimandano al tempo che passa sulle macerie, mentre i piedi sono ancorati alla vita terrena ed i fiori sbocciano in segno di rinascita. La tecnica di Corrado Marchese ha voluti riferimenti alla scultura classica, rinascimentale e barocca, ma nel contempo un legame con la musica punk rock dalla quale l’artista eredita piglio ribelle, tono critico, impegno sociale. Dall’omonimo testo musicale scritto dall’artista nasce Runaway, che allude alla condizione dei giovani in Italia, resi metonimicamente con un piede di uomo ed uno di donna; dalle note degli Stiff little fingers nasce Tin Soldier: bambini soldato morti prematuramente e ricordati con un elmetto da cui fuoriescono i gigli nella loro purezza.

Senza retorica, i riferimenti ai grandi del passato sono imprescindibili per la nascita di un linguaggio innovativo e lontano dal coro delle tendenze espressive contemporanee. Coi maestri Corrado ha aperto un dialogo vivo, ricalcando orme antiche in maniera originale e personale. Da Michelangelo il lavorare per via di levare liberando la forma dal blocco, da Donatello la riscoperta del mondo classico in chiave dionisiaca, da Bernini la leggerezza, da Canova la delicatezza. Tra gli scultori del Novecento che hanno gravitato nel territorio apuano è evidente la lezione di Novello Finotti che torna in modo deciso in Les Fleurs du Mal, distillato della voluttà femminile: 2 Rose, 17 Orchidee, 8 Peperoncini, 2 Piedi, 2 Gocce di Chanel n.5. La scelta del marmo gioca sempre un ruolo chiave nella produzione di Corrado, evidente più che mai in quest’opera in cui il colore rosa della femminilità si coniuga ora nei fiori, ora nei piedi, in un intreccio delicato, carnale, sensuale. Altro grande riferimento è il New dada di Robert Rauschenberg che ispira una scultura come San Sebastiano.

Quando Corrado tratta altri materiali rispetto al marmo la sua libertà d’azione cambia radicalmente. Ecco che un tronco trovato passeggiando nel bosco diventa un omaggio a San Sebastiano, militare martire della cristianità. I riferimenti a fatti di cronaca contemporanea si sublimano nell’eleganza di questo eroe qua restituito con aspetto donchisciottesco. Forse il lavoro che più di tutti si discosta dalla produzione raffinatissima a cui Corrado ci ha abituati, ma che più di tutti contiene queste categorie diametralmente opposte del suo fare arte, la musica punk e la dolcezza della poesia, è proprio Story of My Life (da un brano dei Social Distortion). Una chitarra degli anni ’60, il calco di piedi femminili in gesso, ossa sparse che fuoriescono da un cassetto, fumetti che ricoprono il mobile sul cui ripiano si sdraia una bottiglia di brandy. Risultato di linguaggi diversi messi insieme quasi per costrizione, come già dichiarato nel titolo, l’opera contiene in nuce tutta la confusione quotidiana che spinge un artista a sentire l’urgenza di buttare fuori, talvolta anche violentemente. Angel Swing, in marmo Calacatta, fa pensare ad una annunciazione, resa nell’abbraccio tra due movimenti, quello ascensionale delle ali divine e quello verso il basso delle braccia umane. Bad Luck, ancora dalle note dei Social Distortion, è il lavoro più recente ed anche il più complesso, nella sovrapposizione di elementi simbolici come la zampa di gallina (superstizione), i giacinti e i crisantemi (vita e morte), la candela del tempo che si consuma sopra tutto, il piede femminile che cerca un punto d’appoggio ma sta per inciampare con il dito allungato eccessivamente fino a diventare volutamente difetto. La più evidente peculiarità di questo lavoro è la leggerezza, poi la raffinatezza e quindi la tensione verso l’alto. Le forme aperte del barocco, la preziosità del rococò, la simbologia rinascimentale dei contenuti.

Nonostante questi chiari riferimenti, le opere di Corrado Marchese hanno autonomia propria. Sembra rinnovarsi con questo artista una magia che in molti casi l’arte contemporanea ha perso. La ribellione e la critica dei contenuti sono sublimate dalla poesia. La forma è, prima di ogni messaggio concettuale, magnetica e pungente. Si può tornare a parlare kantianamente di “bello”?

Storyless, dal 27giugno al 31agosto, Tekè gallery, Carrara