Il nuovo palazzo Cini

Venezia e fondazione Giorgio Cini, due eccezionali realtà che continuano a stupire. In corso esposizioni capaci di abbracciare più tecniche artistiche lungo percorsi dove alla base lo studio della manualità è strettamente connesso alla carica emozionale. Proprio in questi giorni un evento straordinario rende la fondazione protagonista nella Serenissima con la riapertura al pubblico di palazzo Cini a San Vio. In occasione dei sessant’anni dell’Istituto di storia d’arte, diretto da Luca Massimo Barbero, le porte della prestigiosa location si spalancano ai visitatori con l’opportunità di vedere meravigliosi capolavori toscani e ferraresi custoditi gelosamente dalla galleria. Contestualmente è iniziata una nuova importante campagna di studio delle opere conservate a disposizione della comunità scientifica internazionale.

Il palazzo, dimora di Vittorio Cini donato alla fondazione dagli eredi esattamente trent’anni fa, ospita una meravigliosa collezione di dipinti con opere di Giotto, Guariento, Botticelli, Filippo Lippi, Piero di Cosimo e Dosso Dossi. Nelle sale del primo piano nobile, arredate con mobili e oggetti d’arte che riflettono il carattere originario dell’abitazione e il gusto personale del grande collezionista, sono esposti una trentina di dipinti di scuola toscana devoluti da Yana Cini nel 1984. Accanto alle opere pittoriche, tra cui spiccano Il giudizio di Paride di Sandro Botticelli, la Madonna con il Bambino e due angeli di Piero di Cosimo e i dipinti di scuola ferrarese del Rinascimento concessi nel 1989 da Ylda Cini Guglielmi di Vulci, tra cui il San Giorgio di Cosmè Tura, sono raccolti alcuni significativi esempi di arti applicate, come un servizio completo di porcellana della manifattura settecentesca veneziana dei Cozzi, placchette e cofanetti d’avorio della Bottega degli Embriachi, smalti rinascimentali, oreficerie, sculture in terracotta, credenze, cassapanche, tra cui un raro cassone nuziale senese della metà del Trecento e una portantina napoletana del Settecento.

Nasce inoltre un straordinario rapporto di collaborazione tra la fondazione, la galleria degli Uffizi e fondazione pallazzo Strozzi dove, con lo scambio di opere tra istituzioni, si crea un ponte tra le due città d’arte dando vita a una significativa relazione basata sul dialogo e la crescita culturale comune. In questo caso, Venezia concede uno dei capolavori del rinascimento toscano, Ritratto di due amici del Pontormo, che sarà esposto nell’importante mostra Pontormo e Rosso Fiorentino, mentre Firenze si priva per qualche mese di Ritratto di giovane con liuto, in cui Agnolo Bronzino ritrae il poeta e musicista Giovanni Battista Strozzi. Questo importante legame inaugura la serie L’ospite a Palazzo, che vede le sale della permanente accogliere ogni anno un’opera diversa. Nulla di tutto ciò ci sarebbe senza l‘importante lavoro svolto dall’Istituto di storia dell’arte. Cuore e cervello della fondazione Cini, svolge un ruolo di promozione e sostegno alla conoscenza, alla ricerca, alla comunicazione e alla diffusione della storia dell’arte, con attenzione a quella veneta. Oltre a conservare e incrementare strutture tradizionali come la biblioteca e la fototeca, incoraggia e coordina ricerche d’ampio raggio, incontri e convegni di studi, custodisce un importante nucleo di opere d’arte, soprattutto disegni, dipinti, miniature e libri antichi, conserva fondi storici dei grandi studiosi di arte veneta, da Giuseppe Fiocco a Rodolfo Pallucchini, promuove una fitta serie di pubblicazioni come riviste, tra cui Arte Veneta e Saggi e Memorie, collane di volumi, repertori e inoltre organizza, da mezzo secolo, importanti mostre d’arte antica e moderna. La sua sede, sull’isola di San Giorgio Maggiore, nella biblioteca seicentesca di Longhena e nella quattrocentesca “manica lunga” di Buora, ne fa un unicum nel contesto internazionale, sopratutto per la possibilità che offre di studiare e lavorare in spazi di così alto valore artistico. Proprio qui è allestita I Santillana, opere di Laura e Alessandro Diaz de Santillana, ovvero la quarta esposizione del programma Le Stanze del Vetro. Concepita come il risultato di una lunga conversazione e scambio di opinioni tra gli artisti e Martin Bethenod, la mostra indaga un’altra pagina della storia del vetro contemporaneo. Uno scontro e incontro tra i lavori dei due fratelli de Santillana, discendenti della dinastia vetraria fondata da Paolo Venini, in modo da osservare e studiare le potenzialità e le innumerevoli declinazioni della materia vetraria. Il percorso è suddiviso in otto sale con un allestimento inedito dove il fulcro è il corridoio centrale, rinominato “la Rue” e concepito come un raccordo affettivo tra gli artisti, così da riscoprire i tratti comuni e condivisi di una poetica creativa, senza obblighi e forzature. Nessuna delle circa 170 opere in mostra, alcune realizzate appositamente per questa occasione, è il risultato di un lavoro a quattro mani, ogni ambiente è dedicato al lavoro del singolo artista, ad eccezione di due sale.

La prima che mette a confronto due superfici bidimensionali di Alessandro, Dittico, con la serie Teste di Laura. La quinta sala, invece, un paesaggio scultoreo di quest’ultima dialoga con le tele in vetro del fratello. L’intensità del colore scuro e la planarità disturbata delle superfici delle opere di Alessandro fa da contraltare alla trasparenza e alla tridimensionalità delle sculture di Laura. Nella seconda sala, nove grandi opere di Laura, realizzate tra il 2009 e il 2013, sono una serie cominciata durante un periodo di residenza al Museum of glass di Tacoma, Washington. Lavori che contraddicono i principi fondamentali della lavorazione del vetro: l’artista, sgonfiando il vetro dell’aria contenuta, mette alla prova le caratteristiche fisiche della materia. In effetti Laura ha sperimentato molto anche con l’uso del colore, come è evidente nell’installazione nella quarta sala. Disposti all’interno di una biblioteca, che diventa una sorta di memoria, una serie di “libri-sculture” che di volta in volta, nel corso della mostra, verranno esposti e mostrati uno a uno al pubblico, modificando l’allestimento e la percezione complessiva dell’intero ambiente. L’ottava e ultima sala raccoglie il gruppo di opere, “Meru”, quattro grandi sculture che si ispirano ai temi cosmologici e della nascita dell’universo. Alessandro è presente nella terza stanza con tre opere a parete, in cui l’elemento della planarità, una caratteristica del lavoro dell’artista, è negata in favore della tridimensionalità. Tre superfici in vetro soffiato e specchiato amplificano, nel continuo rimbalzo di riflessi, l’ambiente espositivo e inglobano lo spettatore all’interno dell’opera. La sesta e la settima sala, invece, accolgono, sempre a parete, una serie di superfici piane, sulle quali l’artista è intervenuto a disturbare la linearità della composizione. Simbolicamente, le due sale sono l’una l’opposto dell’altra, infatti mentre la sesta, esalta le caratteristiche della luminosità del vetro, la settima, al contrario, le nega.

fondazione Giorgio Cini, campo San Voi e isola San Giorgio Maggiore; info: www.cini.it

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