Le metamorfosi di Gauguin

Stampe e incisioni poco note del grande artista francese sono in mostra al Moma di New York. In esposizione ci sono circa 160 opere a cui si affiancano dipinti e sculture in legno creati in diverse circostanze e momenti della sua attività artistica, alcuni dei quali mai esposti al pubblico. Metamorphoses è suddivisa in quattro sezioni ognuna delle quali racconta la poliedricità dell’artista nell’utilizzo di diversi mezzi e svariate tecniche. Si parte con Zincographs: The Volpini Suite comprendente le prime undici stampe su lastre di zinco realizzate dall’artista nel 1889 su commissione di Theo van Gogh ed esposte al Caffè Volpini di Parigi. Si prosegue con Woodcuts: The Noa Noa suite and the Vollard suite e le dieci incisioni lignee risalenti al 1893-1894 raffiguranti scene tahitiane. Tocca poi a Watercolor Monotypes con i suoi tre monotipi e all’ultima sezione che raccoglie i cosiddetti Oil transfer drawnings, una tecnica inventata dallo stesso Gauguin nel 1899. Una straordinaria retrospettiva, quindi, che celebra un Paul Gauguin quasi inedito pronto a giocare con materiali e tinte scure, lontanissimo da quell’universo colorato dei paesaggi thaitiani che lo hanno reso celebre. L’intento della mostra è quello di mettere in evidenza quel lato ancora celato dell’artista francese, caratterizzato da sperimentazioni artistiche e materiali che lo hanno reso uno degli artisti più originali e creativi del panorama storico artistico. «Le opere qui esposte – ha affermato Starr Figura in occasione della presentazione alla stampa dell’evento – mostrano un aspetto diverso di un artista che tutti pensano di conoscere. E offrono una finestra eccezionale sul processo creativo di Gauguin che in questi lavori cambia di materiale in materiale. C’è quindi la ripetizione ma anche la trasformazione». Nuova luce gettata, quindi, sul processo creativo  dell’artista che ha trascorso la maggior parte degli ultimi dodici anni della sua vita nei luoghi incantati del Pacifico del Sud. In mostra c’è anche il piccolo primitivo Oviri (Savage), una delle sculture più celebri di Gauguin in cui l’artista stesso ne considera il proprio autoritratto tanto da desiderarne la collocazione sulla sua tomba. L’opera oggi appartiene al Musée D’Orsay di Parigi mentre una copia in bronzo è stata collocata sul suo avello negli anni Settanta del secolo scorso.

Nato a Parigi nel 1848 Paul Gauguin scopre la sua vena artistica “solo” all’età di trentotto anni. L’appassionato amore per l’arte arcaica e primitiva gli fornirà presto un’impronta personale e sicuramente più moderna rispetto ai suoi colleghi contemporanei. Celebre anche la sua breve e burrascosa amicizia con l’altro genio dell’arte, Vincent Van Gogh. Amicizia terminata con una leggendaria lite dopo la quale il pittore olandese si mutilerà un orecchio, come sorta di autopunizione per aver cercato di assalire il suo amico francese. Quando sul finire del secolo abbandona l’Europa per cercare l’esotismo e la verginità di quei luoghi incantati, Gauguin non solo getta le basi per una sua futura mitizzazione ma fa esplodere uno dei più grandi paradossi dell’arte contemporanea: soltanto volgendo le spalle all’Occidente e alla sua tradizione accademica, oramai logora, questa potrà ritrovare nuova linfa vitale.

Fino all’8 giugno. Info: www.moma.org

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