il giovane Phil Stern

Nel 1943 l’esercito anglo-americano sbarcava in Sicilia per dare inizio, con l’operazione Husky, alla liberazione dell’Italia e dell’Europa. Arruolato con gli U.S. Rangers, un giovanissimo Phil Stern. Ancora ignaro che, con la stessa abilità del reporatage fotografico con cui ha raccontato la guerra, avrebbe poi reso immortali celebrità come James Dean, Marilyn Monroe, Frank Sinatra, Louis Armstrong, Ella Fitzgerald e John Kennedy. Settanta suoi scatti (insieme a quelli londinesi provenienti dall’Imperial war museum e scelti dalla fondazione Gruppo Credito Valtellinese), esposti fino al 2 giugno alla galleria d’arte contemporanea delle Ciminiere di Catania, riaprono dinanzi agli occhi della memoria quell’importante pagina della storia mondiale. La mostra Sicily 1943 scardina, però, quella pagina dalla narrazione precisa, ma asettica, dei libri, che racconta di alleanze e ultimatum, di eserciti di massa e fronti. Che racconta di una guerra totale tanto democratica da rendere realmente tutti uguali dinanzi a una legge che non era divina, ma neppure umana. Tanto da non poter più distinguere i singoli volti, mimetizzati com’erano.

Stern vuole, invece, spogliare i soldati da quelle divise mimetiche, attraverso le sue foto. Per mettere a nudo la loro umanità, o quanto meno, ciò che di umano la guerra aveva lasciato loro. I soldati, ma anche le popolazioni di quelle terre dilaniate dal conflitto. Ed ecco che, altrettanto democraticamente, non vi è nemmeno più distinzione tra militi e gente comune, tra nobili e gente del popolo. La guerra era drammaticamente riuscita laddove ogni governo aveva fallito. L’unica differenza rimasta era quella tra l’uomo e la bestia. O forse, anche quella era stata atrocemente annientata. Come sostenuto dal curatore della mostra, Ezio Costanzo, docente di fotoreportage all’accademia di Belle arti di Catania «Nelle immagini di Stern non c’è solo il documento. Egli attesta la storia, ma il suo sguardo va oltre la storia, riuscendo a percepire, nella tragedia che lo circonda, i segni della poesia che poi ci restituisce in immagini, colmi di rara umanità». Lo scatto che lo stesso Costanzo, come ha dichiarato in diverse interviste, considera il più emblematico fra tutti è quello che ritrae gli alleati arrivare tra la gente in una Sicilia martoriata dal fascismo. Tra la gioia, l’incredulità e la paura. Ai lati delle strade, lasciando passare i carriarmati dei liberatori, il popolo e i soldati, quelli che il nazi-fascismo aveva recluso come prigionieri di guerra, colti con le mani alzate in segno di resa. Alle loro spalle un enorme palazzo, sulla cui facciata sono ben visibili i segni degli spari, ma anche quelli della fascistissima scritta Vincere. Schierati a ridosso di quella parete, immortalati in un fotogramma in bianco e nero, tutti raccontano il paradosso della Seconda guerra mondiale, da cui nessuno, al di là dei trattati di pace, poteva davvero dire di essere uscito vincitore. Erano tutti vinti. E forse, erano tutti intenti a domandarsi cosa ci fosse poi da «vincere».

Fino al 2 Giugno, galleria d’arte contemporanea delle Ciminiere, Catania