Futuristi a New York

«Abbiamo voluto realizzare una vera introduzione al movimento perché negli Stati uniti questo non è conosciuto in tutta la sua complessità». A parlare è Vivien Green, curatrice della grande mostra sul Futurismo che inaugura oggi al Guggenheim di New York: un’esposizione a tutto tondo che porta a New York non solo le tele più famose e rappresentative del movimento artistico e culturale ma anche scenografie, libri, film, ceramiche, moda e giocattoli del vasto universo che ruotava intorno al dirompente fenomeno artistico. Italian Futurism, 1909-44: reconstructing the universe è il titolo della mostra, in programma fino al primo settembre, che ha richiesto oltre cinque anni di lavoro da parte degli organizzatori. L’intento è quello di ricostruisce la storia della più celebre avanguardia storica italiana dal Manifesto del 1909, scritto da Filippo Tommaso Marinetti, al suo tramonto, dopo la seconda guerra mondiale, immergendo il visitatore nell’universo sfaccettato e totalizzante in una «dichiarata cacofonia visiva e uditiva», precisa la curatrice.

La maggior parte delle trecentocinquanta opere esposte appartiene a collezionisti privati e musei italiani, si va dalle opere piene di dinamismo di Giacomo Balla e Umberto Boccioni ai protagonisti delle tele di Carlo Carrà e Gino Severini fino ai maestri dell’aeropittura, che si sono affermati dopo la Seconda guerra mondiale, come Gerardo Dottori e Tullio Crali definiti da Enrico Crispolti rappresentanti del “secondo Futurismo”. Al Guggenheim, grazie agli ottanta artisti presenti, si potrà inoltre rivivere la frizzante atmosfera delle serate futuriste e del teatro a tema come emerge dalle opere di Fortunato Depero. Non mancano anche le sperimentazioni cinematografiche e sonore, come i film in bianco e nero di Antonio Giulio Bragaglia del 1916 o gli straordinari suoni dell’intonarumori di Luigi Russolo. «Non c’è mai stata una grande mostra sul Futurismo italiano negli Stati Uniti, New York è una città moderna, per questo possiamo fare un parallelo con la tecnologia e la velocità alla quale guardavano i futuristi», conclude la Greene ben sottolineando quanto i futuristi del Belpaese avrebbero amato la vivacità contemporanea della metropoli. Dopo i futuristi italiani, i newyorkesi e i turisti che affollano la città godranno ancora di un po’ d’arte nostrana: è in programma per l’anno prossimo a New York la mostra di Alberto Burri.

Fino al primo settembre. Guggenheim, New York. Info: www.guggenheim.org

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