Abbado lascia la scena

«Claudio è con noi, è partito per il viaggio misterioso. Stringiamoci alla sua vita fortunata. Vi faremo sapere dove sarà possibile salutarlo». Con questo messaggio, firmato Daniele, Alessandra, Sebastian e Misha, il mondo viene a sapere di aver perso uno dei suoi geni: nell’amata Bologna, di cui era cittadino onorario, si è spento a 80 anni Claudio Abbado, immenso protagonista della musica e non solo, che nel 2011 la rivista musicale Classic Voice nominò primo tra i 100 migliori direttori d’orchestra viventi. Ma non chiamatelo maestro, perché era tanto dotato di grandezza quanto di umiltà e  chi l’ha conosciuto sa che amava sottolineare: «Io sono semplicemente Claudio». «Rendo omaggio, non solo da amico e ammiratore di antica data, ma da rappresentante della collettività nazionale e delle istituzioni repubblicane, all’uomo che ha onorato in Europa e nel mondo la grande tradizione musicale del nostro paese, contribuendo in pari tempo con il suo eccezionale talento e la sua profonda sensibilità civile all’apertura di nuove strade per un più ricco sviluppo dei rapporti tra cultura e società», ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che solo pochi mesi fa aveva nominato Abbado senatore a vita.

Abbado, nato a Milano il 26 giugno 1933 in una famiglia di musicisti, ha studiato con i migliori maestri, perfezionandosi in pianoforte con Friederich Gulda, in direzione d’orchestra con Antonino Votto e poi a Vienna nel prestigioso corso di perfezionamento con Hans Swarowsky. Ha affrontato ogni tipo di repertorio sia sinfonico che d’opera, solcando tutte le sale da concerto più prestigiose del mondo, realizzando incisioni entrate nella storia e caratterizzando il suo stile sul podio per l’estremo rigore e la grazia della bacchetta. Nel 1968 diventa direttore principale alla Scala di Milano, imprimendo un nuovo corso alla storica Istituzione lirica. A differenza di Arturo Toscanini, autoritario e molto temuto a Milano, Abbado teneva molto a coltivare un dialogo coi musicisti. «La cosa più importante è ascoltare gli uni gli altri – spiegava il direttore – partecipando ognuno della voce strumentale degli altri maestri d’orchestra». La parola «ascolto» era una di quelle a lui più care durante le prove, «molte persone imparano a parlare, ma non ad ascoltare e la musica ci dice come fare», amava ripetere. «Rimane, concreto e tangibile, il segno del direttore senza confini – si legge nel sito della Scala – del musicista senza preconcetti, dell’uomo di teatro pronto a rischiare, dell’uomo di pensiero aperto al mondo».

Abbado ci ha lasciato una grande eredità per guardare al futuro non solo in termini musicali, ma anche civili e sociali, perché enorme e costante è stato il suo impegno per le più diverse cause: pronto a battersi per i tagli alla cultura, come ha ricordato oggi nel suo tributo la presidente della Camera Laura Boldrini, ha abbracciato molte battaglie: aderendo per esempio all’esperimento dell’orchestra Simon Bolivar, nata in Venezuela, che reclutava e spingeva allo studio della musica tanti giovanissimi disagiati. Si è dato molto da fare per erigere nuovi spazi per la musica; nel 1972 ha inaugurato un ciclo di concerti per studenti e lavoratori per offrire il piacere della musica classica anche alle classi meno abbienti; ha rinunciato al suo emolumento di senatore a vita in favore dell’accademia musicale di Fiesole; il suo impegno più sentito è stato sicuramente quello verso le giovani generazioni.

La prova più luminosa è la fondazione, nel 2004, dell’orchestra Mozart, che riunisce i più virtuosi solisti del mondo in un dialogo senza barriere culturali, condensando l’eccellenza nel campo della classica. Questa straordinaria realtà, da quando Abbado si è ammalato,  rischia di chiudere e sarebbe un vero male per l’Italia: gli orchestrali sono impegnati  nel sociale, hanno promosso il progetto Tamino che organizza attività guidate da musicisti e musicoterapeuti nel settore del servizi sanitari, suonano costantemente nel penitenziario di Bologna e col progetto Papageno organizzano veri e propri workshop per i detenuti. Le prove generali dell’orchestra Mozart sono poi aperte al pubblico per scuole e associazioni varie.

La carriera di Abbado è stata gloriosa e fulminea. Nel 1971 direttore principale del Wiener Philarmoniker di Vienna, in un concerto memorabile ha ricevuto 30 minuti ininterrotti di applausi e ben 4.000 fiori sono stati lanciati sul palcoscenico.  Nel 1989 i membri della Filarmonica di Berlino, ritenuta la migliore orchestra al mondo, lo hanno eletto direttore artistico, un ruolo detenuto da Herbert von Karajan. Il maestro ha ricevuto ben 4 lauree honoris causa e il suo ultimo concerto è stato al Festival di Lucerna nell’agosto scorso. L’Abbado più recente mostrava un’evoluzione ulteriore nella tecnica della  direzione, come se accanto al suo ineccepibile rigore cristallino si fosse lasciato andare a una ispirazione più libera, sempre nella direzione della perfezione dell’arte. Nel giorno della scomparsa sono tantissimi i messaggi a lui dedicati da personaggi illustri e cittadini comuni, come, ad esempio, questo: “Le sia lieve la terra, come fu, per la sua musica, la sua bacchetta”.