Un fumetto allo Strega?

Sembra una falla nel sistema quella che ha spinto Domenico Procacci, editore Fandango libri, a proporre la candidatura allo Strega dell’ultima prova di Gipi, all’anagrafe Gianni Pacinotti, edita da Coconino (in collaborazione con Fandango) intitolata Una storia. «Il regolamento dello Strega parla di narrativa in prosa. La storia di Gipi non è in rima, quindi va bene», ha infatti detto l’editore, il che di per sé è una verità. Ma veramente una graphic novel (questo il caso di Gipi) può concorrere per il premio? È la prima volta che lo storico riconoscimento deve rispondere a una domanda del genere, problema che si tira dietro altre questioni circa la natura del romanzo, quella del fumetto e le differenze fra i due. Partiamo dal principio: «La candidatura di Gipi è ancora ufficiosa – dice il direttore della fondazione Bellonci, responsabile del premio, Stefano Petrocchi – per renderla ufficiale sono necessari due amici della Domenica che portano l’opera alla giuria e la disponibilità a partecipare dell’autore. Poi è la volta del comitato direttivo che farà una selezione dei testi proposti per arrivare ai dodici che gareggeranno per il premio». Meno chiaro è se l’opera di Gipi ha o meno le caratteristiche per accedere alla selezione «Quello che dice Procacci è tutto vero – continua Petrocchi – ma il premio Strega è un premio letterario e la letteratura si fa con le parole e non con le immagini; la narrativa si può fare anche con le immagini come dimostrano per esempio il cinema e la televisione». Ciò che potrebbe far rientrare Una storia nei dodici è, quindi, la qualità letteraria del testo sulla quale però il direttore della fondazione non può esprimersi non avendo letto il lavoro e in ogni caso il suo giudizio, ai fini della candidatura, sarebbe ininfluente non essendo componente direttivo del premio.

Concentrarsi solo sul testo, però, non è esattamente quello che chiamiamo graphic novel. «In realtà il fumetto è formato anche da immagini, è un lavoro quello sulle figure che va considerato – dice Gipi – altrimenti non sarebbe un fumetto». L’autore però sembra essere a suo agio in questa zona grigia fra graphic novel e romanzo: «In realtà i miei lavori li chiamo libri, ho avuto spesso delle proposte da varie case editrici per scrivere senza disegnare ma non ho mai portato avanti il progetto». Che la polemica suscitata per la sua candidatura possa essere un complesso d’inferiorità del fumetto nei confronti del romanzo, Gipi lo esclude totalmente: «Credo il Maus di Art Spiegelman ha dimostrato a tutti la qualità che può raggiungere una graphic novel, in questo caso un’opera in tutti i sensi – continua l’autore – per il resto se partecipare al premio significa aiutare la professione di fumettista e far conoscere a più gente possibile questo tipo di narrazione, sono felice di questa possibilità che in generale vedo come una cosa buona».

Difficile dire se l’opera di Gipi passerà alla storia come prima graphic novel entrata nel riconoscimento capitolino, o se più in generale mai una graphic novel parteciperà allo Strega. La falla scovata da Domenico Procacci ha tutta l’aria di essere una buona trovata commerciale che però invita a riflettere sulla considerazione italiana della graphic novel costretta a snaturarsi per poter ambire a un riconoscimento che molto probabilmente non è nella natura di questa forma narrativa.

 

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