Il futuro del Roma film Fest

Roma

Il festival internazionale del film di Roma non riesce a scrollarsi di dosso le solite critiche che lo perseguitano sin dalla sua prima edizione. Una kermesse senza una particolare identità cinematografica, con pochi ospiti internazionali, molto autoreferenziale e poco ambita dalle grandi produzioni. Questi i principali argomenti dei suoi più fervidi detrattori. I più generosi dei quali, invece, si limitano a una considerazione, tuttavia, condivisibile: se il festival deve svolgersi a Roma, allora che sia una manifestazione molto più ambiziosa, per il semplice fatto che Roma, grazie alla sua lunga e prestigiosa tradizione cinematografica, non può permettersi di fregiarsi di un festival poco sfavillante. Una critica che, tuttavia, suona più come uno stimolo. Poi ci sono le posizioni più agguerrite, come quella divulgata dall’Osservatore romano. Il giornale vaticano boccia tutto: “Malgrado una qualità complessiva discreta e ben al di sopra della scorsa edizione – ha scritto – il festival fatica ancora a trovare una sua fisionomia precisa. È nell’assegnazione dei premi che sta la pecca più grande del festival di quest’anno”. Secondo loro “due dei tre premi principali, quello al miglior film e alla migliore regia, sono andati a opere che era già sorprendente ritrovare in un concorso”. In particolare, “l’italiano Tir di Alberto Fasulo è un finto documentario con protagonista un attore che recita battute di una sceneggiatura, anche se attorno alla sua a dir poco scarna vicenda ci sono molti momenti di verità. Ma sono proprio questi ultimi – si sottolinea – a lasciare perplessi. Si tratta di realtà in presa diretta, non di realismo”. Inoltre, scrivono “ci si può interrogare su quanto sia meritato il premio per la miglior interpretazione femminile assegnato a Scarlett Johansson, che nel film Her presta soltanto la voce. Mentre Matthew McConaughey dimagrito 35 chili per Dallas Buyers Club ha convinto tutti”.

A margine di questa edizione 2013, l’argomento è tornato al centro del dibattito, innescato dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che ha auspicato un ingresso del ministero dei Beni e delle attività culturali nella fondazione Cinema per Roma: «Aiuterebbe a rendere più autorevole una manifestazione entrata nel cuore dei romani» ha detto. E il ministro Massimo Bray ha espresso apprezzamento per l’intervento del presidente della Regione: «Il ministero – ha detto Bray in una nota – ha sempre individuato le migliori forme per aiutare il festival internazionale del film di Roma. Ora siamo disponibili a discutere quelle azioni organiche e coerenti, richieste dal presidente Zingaretti, in grado di garantire il miglior futuro della manifestazione».

E allora perché non provare a emancipare una celebrazione che promuove un’antica eccellenza italiana? E, a proposito di antico (ma non invecchiato), la riflessione per il rilancio del festival potrebbe anche riguardare la riqualificazione degli studi di Cinecittà, per anni considerati uno dei poli mondiali, per competenze e qualità, dell’industria cinematografica. Oggi ospitano solo qualche programma televisivo e le grandi produzioni, anche quelle italiane, preferiscono altri luoghi per girare i loro film (come la Puglia). Le sinergie per un discorso organico di investimento su un settore sembrano in via di composizione. Mancano i soldi. Ma proprio oggi è stato approvato dal Parlamento europeo il programma Europa creativa: circa due miliardi di euro a sostegno del settore audiovisivo, e non solo, degli stati membri. È bene parlarne. Sarebbe ancora meglio provarci.

 

 

 

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