Figlio di un ritmo infinito

Dopo le importanti retrospettive dedicate ai maestri Emilio Vedova, Alberto Burri e Afro la Mazzoleni galleria d’Arte presenta nelle rinnovate sale espositive di piazza Solferino 2, a Torino, una mostra dedicata a Enrico Castellani, una delle figure di maggior rilievo dell’arte italiana e internazionale della seconda metà del Novecento. L’esposizione curata da Francesco Poli, si sviluppa nelle due sale del piano terra e in tre sale del piano nobile della galleria e si propone di illustrare attraverso una trentina di opere l’importante percorso artistico del maestro dal 1959 fino alla produzione odierna.

Nato a Novara, Castellani compie i suoi studi prima a Milano e poi, dal 1952 a Bruxelles, dove frequenta i corsi di pittura all’Académie Royale des Beaux-Arts e nello stesso tempo studia architettura presso l’Ecole Nationale Supérieure de la Cambre, dove si laurea nel 1956. Di ritorno nel capoluogo lombardo, dal 1959 Castellani supera le sue prime esperienze d’ispirazione informale e, insieme a Piero Manzoni, fonda in città la galleria Azimut e la rivista omonima, nella quale si sostiene una linea di ricerca fondata sulla necessità di un’arte capace di rompere ogni legame con il concetto di rappresentazione e figurazione, utilizzando ai minimi termini i mezzi tradizionali del pittore: supporto, colore e pennello. Si apre dunque una prima fase espressiva in cui egli definisce e adotta una tecnica particolare applicando dei chiodi su un telaio in legno così da modificare la tensione naturale della tela e creare sulla superficie un movimento fatto di rilievi e cavità. La tela, che è rigorosamente monocroma, abbandona la sua tradizionale funzione di supporto su cui dipingere e diviene una struttura spazio temporale, in cui la disposizione dei chiodi crea un modulo e la sua ripetizione concretizza un ritmo infinito, evocato da quei chiari e scuri generati dal percorso della luce sulla superficie. Queste opere costituiscono, insieme ai Sacchi di Burri, ai Tagli di Fontana e agli Achrome di Manzoni, una tra le elaborazioni artistiche più rilevanti della seconda metà del Novecento, anche in campo internazionale.

Da questo inizio e fino a oggi, anche nei lavori che coinvolgono in forma più ampia la dimensione ambientale, la variazione nelle opere di Castellani è unicamente rappresentata dall’adozione di materiali differenti, dal colore della tela come ad esempio in Superficie blu del 1965 o nella recente Superficie rossa datata 2007, dal formato o soprattutto, dal ritmo in cui il modulo si succede sulla superficie dei suoi manufatti.

Fino al 31 gennaio; Mazzoleni galleria d’arte, piazza Solferino 2, Torino; info: www.mazzoleniarte.it

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