Chi ha paura dell’uomo nudo

Circondata da immagini che propinano il nudo femminile in modo subliminale o, per lo più, in maniera estremamente esplicita, la società contemporanea si è ormai assuefatta a ricevere questo tipo di messaggio: la donna espone il proprio corpo, mentre l’uomo no. Forse non vogliamo ammettere che il nudo maschile ancora oggi scandalizza. L’arte del passato sorriderebbe con disappunto, testimone di una tradizione figurativa che vede la rappresentazione del nudo maschile come esercizio fondante dell’abilità del buon pittore e scultore nell’antichità e come esaltazione di un modello idealizzato di perfezione anatomica dal rinascimento in poi.

Il Musée d’Orsay, affidandosi alla sua vasta collezione e ad altre raccolte pubbliche francesi, ospita fino al 2 gennaio 2014 nelle sue sale Masculin/Masculin, una mostra a cura di Guy Cogeval e Xavier Ray, tesa ad approfondire sotto diversi aspetti il significato e l’evoluzione del nudo maschile, concentrandosi sulla produzione artistica dal 1800 a oggi. Abbracciando oltre due secoli di capolavori, le opere presenti in mostra toccano l’arte in tutte le sue declinazioni, pittura, scultura, grafica e fotografia, ponendole tutte sullo stesso piano. Questa rassegna è un evento più raro che unico, in quanto poche volte nella storia dei musei è stata data una simile rilevanza da un punto di vista critico e analitico al tema del nudo maschile  (senza sfociare nel cattivo gusto), lasciando completamente fuori la controparte femminile. Esattamente un anno fa il Leopold Museum di Vienna (con la cui collaborazione è realizzata la mostra Masculin/Masculin) aveva lanciato l’idea di un percorso espositivo incentrato unicamente sul nudo maschile con la mostra Nackte Männer (Uomini nudi), che aveva riscontrato un’ampia affluenza, suscitando però non poche disapprovazioni per la maniera in cui il nudo veniva ostentato. L’esposizione francese ci riprova, facendo eco alla provocatoria locandina Vive la France scelta dal Leopold Museum – opera del duetto artistico Pierre et Gilles – con l’immagine più “soft” Mercure, realizzata dagli stessi artisti. Anche l’impostazione della rassegna prende a modello quella viennese, ma la arricchisce e la completa: «La mostra austriaca – afferma Guy Cogeval – ha aperto una pista, ma non era del tutto soddisfacente per quanto riguarda la completezza del percorso. Alcuni grandi pittori mancavano, come gli artisti neoclassici francesi». Non si fanno mancare niente i curatori che, frugando nei cunicoli della storia, scovano le tracce di un canone di perfezione estetica per diverso tempo considerato superiore a quello femminile e che merita, quanto quest’ultimo, di essere analizzato e studiato in maniera scientifica. La selezione delle opere non è quindi affatto casuale, come non lo è la scelta del titolo, che si riferisce al titolo del film francese del ’66 Il maschio e la femmina diretto da Jean-Luc Godard, ritratto significativo della gioventù e della vita sessuale dell’epoca. Le citazioni colte non sono l’unica risorsa di quest’esposizione, che, oltre a riletture in chiave sociologica e filosofica, sfrutta anche quelle in chiave ludica delle produzioni più contemporanee, trasformando il ritratto maschile da soggetto a oggetto erotico.

Così la struttura tematica permette di mescolare le diverse variazioni sul tema, dai nudi scolpiti di Rodin, alle fotografie più attuali di LaChapelle, fino alle provocazioni estemporanee di qualcuno che, intrufolandosi in maniera imprevista all’inaugurazione, ha visitato l’esposizione solo dopo essersi tolto gli abiti, non sfuggendo inosservato alle telecamere. Il museo d’altronde avverte: “Alcune delle opere presentate nell’esposizione possono urtare la sensibilità dei visitatori”; in verità più che mai in questo periodo, in cui la Francia si trova al centro di polemiche riguardanti i matrimoni gay. Tuttavia i curatori concordano sul fatto che quest’esposizione da tempo andasse fatta e, alla domanda del perché non se ne fosse organizzata prima una sul tema, il curatore del Leopold Museum Tobias G. Natter sembra aver risposto in tutta onestà: «Perché eravamo in ritardo».

Fino al 2 gennaio 2014, Musée d’Orsay, 1 Rue de la Légion d’Honneur, Parigi; info: www.musee-orsay.fr/it