Non solo ready-made

Fino al 9 febbraio 2014 la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma si trasforma in una boîte-en-valise, per ospitare i readymade duchampiani e molto altro nella mostra Duchamp re-made in Italy, curata da Stefano Cecchetto, Giovanna Coltelli e Marcella Cossu, 50 anni dopo il suo viaggio in Italia e 100 anni dopo la creazione del primo ready-made. Tutti conosciamo Marcel Duchamp nel bene o nel male, divisi tra chi lo reputa il padre dell’arte contemporanea e chi invece lo ritiene il carnefice dell’arte tradizionale: certo è che dopo di lui, quest’ultima non è più stata la stessa.

Meglio avvertire subito che chi si aspetta una retrospettiva analitica sull’artista resterà deluso, dal momento che le sale non ospitano solo Duchamp, ma un numero consistente di opere degli artisti italiani che hanno fatto parte della sua vita e che hanno contribuito a diffondere la sua poetica in Italia. Questa sezione, curata da Carla Subrizi, accorpa le opere di Luca Maria Patella, Gianfranco Baruchello, Enrico Baj e Sergio Dangelo, con importanti opere, testimonianze fotografiche e litografie d’artista.

In tempo di crisi si fa quel che si può e fortunatamente la Gnam ha la possibilità di esporre il prezioso lascito della collezione donatale dal collezionista e storico dell’arte Arturo Schwartz nel lontano 1998, che costituisce il nucleo fondamentale della sezione dedicata all’artista, tra cui, oltre ai readymade, disegni e acqueforti preparatori del Grande vetro. Come afferma la soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli: «Questa esposizione vuole anche testimoniare l’influenza che l’artista ebbe sulla scena artistica italiana, quando, in seguito alla personale alla Galleria Schwarz di Milano nel 1964, Duchamp diede l’occasione ad alcuni artisti italiani di entrare in contatto diretto con lui». Special guest è senza ombra di dubbio la boîte-en-valise numero 3, comprata negli anni ’70 da Palma Bucarelli ed esposta dopo tanti anni di silenzio trascorsi nei depositi della galleria. Dopo importanti interventi conservativi, torna a spiccare riposta in una teca di vetro, come un sacro Graal, così discreta con le sue miniature e così significativa, in quanto simbolo di una nuova definizione di museo portatile, destinata a sovvertire ogni concezione d’istituzionalità museale. Come spiega la Cossu: «Alcune di queste opere, tra cui la boîte-en-valise, ci danno l’occasione di riaprire le porte di casa nostra. L’opera difatti la acquistò Palma Bucarelli da Gaspero del Corso». Per chi non lo sapesse ogni numero delle valigie è dedicato a un grande mecenate: la prima, ad esempio, si trova a Venezia ed è dedicata a Peggy Guggenheim, mentre quella esposta alla Gnam, in pelle Louis Vuitton, fu fatta per Henri-Pierre Roché, grande amico dell’artista nonché autore del romanzo Jules e Jim, il cui triangolo amoroso da alcuni viene ricondotto alle identità di Roché, Duchamp e Beatrice Wood.

Passando per una zona di proiezione di alcuni filmati che vedono la partecipazione di Duchamp sia in veste di attore che di regista si arriva a una black box, una piccola camera delle meraviglie interamente riverniciata in nero che da sola merita la visita della mostra, poiché raccoglie in duplice fila tutti i celebri ready-made duchampiani, dalla ruota di bicicletta, all’orinatoio, allo scolabottiglie. Non è tuttavia l’unica ragione di pregio della sala: essa difatti ha il valore storico di essere stata allestita totalmente col fine di replicare l’esposizione che si tenne nel 1965 agli uffici di Via Condotti dell’imprenditore e designer Dino Gavina, a cura di Carlo Scarpa, che pare avesse lasciato Duchamp estasiato. Sulla base di questo indizio, le curatrici hanno pensato di ricostruire fedelmente la sala, al cui centro era collocata la celebre sedia Wassily di Marcel Breuer e dal cui soffitto pendevano le famose luci di Castiglioni. Come ha affermato Cecchetto, l’esposizione vuole rispecchiare l’esprit duchampiano: quello di un pensiero profondo e intelligente, ma allo stesso tempo ironico, leggero e divertente. Ora tocca al pubblico giudicare la buona riuscita dell’intento.

Fino al 9 febbraio 2014; Galleria nazionale d’arte moderna, Viale delle Belle Arti 131, Roma;
info: www.gnam.beniculturali.it