Il linguaggio del corpo

Un corpo nudo, il suo, di fronte all’obiettivo. Con esso sperimenta contorsioni, rotazioni, sospensioni che lo mostrano in tutte le sue sfaccettature, estensioni, movimenti e ombreggiature. Debora Barnaba ha 28 anni ma parla già come un’artista avviata. Ti osserva nelle sue foto con sguardo sicuro, altezzoso ma schermato da un sottile velo nero. Debora si è appassionata alla fotografia per caso, «volevo fare la pittrice – dice – perché col disegno quello che sbagli lo puoi cancellare e rifare mentre le foto ritraggono la realtà così com’è e non la puoi cambiare». Dalla sua passione per il disegno provengono quelle piccole ossessioni per lo studio del corpo, meglio se nudo, privato delle influenze culturali che gli abiti portano con sé. Come un’anatomista, colleziona fotografie di braccia, mani, orecchie, e le studia facendo da cavia a se stessa per farsi tramite tra esperienza interiore e messaggio universalmente condiviso. Le interessa scoprire come reagisce il corpo quand’è messo sotto pressione, quando si piega, quando si torce e congelarlo in un fermo immagine che permetta di osservare come le ombre si posano su di lui, come la luce lo accarezza.

Definisce la sua arte intima, sofferta, laddove il corpo diventa oggetto del desiderio, che si offre su un tavolo come un pasto consumato o si sdoppia in un freddo manichino, le cui gambe diventano le sue. Le sue foto suggeriscono, non svelano. L’artista dà un assaggio di sé ma non si concede mai del tutto. Ritrosa e schiva, si pavoneggia dietro alla macchina fotografica per far mostra di sé, della sua vita, di cui però non arriva a noi che un istante fugace. Il suo corpo è oggetto di studio ma anche soggetto estetico con cui esterna un esplicito narcisismo artistico: lo bacia, lo tocca, lo morde. Debora si piace e nel farlo vuole rendersi seducente anche agli altri. Si abbassa il pantalone di felpa per mostrarci il sesso, con la stessa sfacciataggine di Valie Export quando si opponeva al conformismo fino a raggiungere il limite della perversione estetica. Ma fa pensare anche a certe riviste di tendenza, che utilizzano pose erotiche per vendere jeans dal marchio costoso.

Col tempo difatti l’artista ha iniziato a interessarsi alla moda, cercando di raccontare qualcosa di sé anche attraverso i soggetti che sceglie e, nonostante ciò, continua a prediligere se stessa, per poter spingere le sue sperimentazioni fino a dove vuole e per trovare sempre un soggetto fotografico a portata di mano: «è nato tutto dalla comodità. Mi piace lavorare la notte, e per me stessa io sono reperibile sempre ovviamente». Kissing è la testimonianza di una sua performance del 2010, la prova che «un bacio si può trasformare in qualcosa di sbagliato, qualcosa che non è simbolo di affetto, ma che lascia una traccia tragica». Ma è anche la prova del suo amore verso se stessa, il bacio appassionato che suggella la relazione tra lei e il suo corpo, rigato dalle scie di rossetto rosso che lo percorrono. Debora si bacia morbosamente la spalla, il petto e il braccio, fino a dove le labbra lo possono raggiungere e, dove non possono, prosegue a tracciarne la scia con le dita, macchiando la pelle candida di un rosso scarlatto, prova tangibile del suo peccato. Ma l’identità di peccatrice si smentisce non appena si osserva quel viso di bimba, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, molto più impertinenti e goffi che erotici e provocatori.

Debora Barnaba, Untitled Show, dal 19 settembre al 3 novembre; Theca gallery, via Pessina 13, Lugano; Info: www.theca-art.com