The Abramovi? method

The Abramovi? Method, il film documentario di Marina Abramovi? diretto da Giada Colagrande con il supporto di fondazione Furla, è stato presentato lo scorso 30 agosto a Venezia in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica nell’ambito delle Giornate degli autori. Marina Abramovi? si è presentata con grandi occhiali da sole neri per nascondere i segni del piccolo incidente di cui è rimasta vittima il giorno prima a Vittorio Veneto (TV), città nella quale si era recata per incontrare Nico Vascellari, che la performer loda, nelle sue ultime dichiarazioni, come miglior artista italiano della nuova generazione. Il film racconta la performance dell’artista serba al Pac di Milano nell’evento curato da Diego Sileo ed Eugenio Viola nella primavera del 2012 ed è concepito come parte esso stesso del metodo. Marina Abramovi? si presenta come artista vate nel mondo contemporaneo, una guida spirituale per un pubblico che si fa per la prima volta attore protagonista; esso indotto ad abbandonare la tecnologia – viene privato di telefoni e computer – è invitato ad indossare un camice bianco, atto fortemente simbolico che segna il passaggio da spettatore a partecipante.

Parole scritte nero su bianco sigillano un patto di fiducia tra l’artista e il singolo individuo, che si impegna a donare a lei il proprio tempo per ricevere in cambio l’esperienza. In un ambiente che ricorda un ospedale asettico ma anche un casermone socialista, un piccolo gruppo di partecipanti viene guidato dalla Abramovi? verso un viaggio che promette un cambiamento di vita; forte delle sue consapevolezze interiori, l’artista sprigiona un’energia paragonabile a quella sacrale delle icone ortodosse a cui si è ispirata. Indicazioni verbali, metallici contatti materiali, controllo del respiro e silenzio interiore: la performance ricorda pratiche di meditazioni orientali e l’allenamento autogeno. Il metodo Abramovi? prevede il totale estraniamento dalla realtà per stimolare elucubrazioni intellettive mirate a creare nella persona una nuova coscienza di sé. Il film-documentario è nato dall’esigenza di lasciare in eredità il frutto del proprio lavoro performativo: “Il futuro dell’arte è immateriale – afferma l’artista – ed essa deve nutrire e oltrepassare i sentimenti comuni, deve essere considerata come ossigeno per la società e gli artisti hanno la responsabilità di portare dei valori all’interno di essa e devono prevedere il futuro”. Un atteggiamento condiviso dalla regista Colagrande che già l’anno scorso ha collaborato con l’artista per il documentario Bob Wilson’s Life & Death of Marina Abramovi?.
Info: www.marinaabramovicinstitute.org

 

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