Resistere non serve a niente

“La narrativa è più sicura: tanti editori avrebbero paura a pubblicare saggi su questi temi”. È la considerazione di Graham Greene la premessa del nuovo romanzo di Walter Siti, Resistere non serve a niente (Rizzoli, 324 pagine, 17 euro), vincitore del premio Strega con ben 165 voti, a seguire Alessandro Perissinotto con 78 voti, Paolo Di Paolo (77), Romana Petri (63) e Simona Sparaco (26). Docente e curatore delle opere complete di Pier Paolo Pasolini, Siti ne ripercorre le orme affrontando narrativamente scottanti tematiche sociali. In questo caso, la pericolosa e sfuggente zona grigia tra criminalità e finanza. Operazioni oscure e fondi neri, corruzione e truffe si trasformano in romanzo per dare umanità, volti e sentimenti a personaggi che appaiono nella cronaca quotidiana accusati di crimini e nefandezze o vivono nell’anonimato, ma decidono il destino di molti. Chi sono? Cosa pensano? Cosa li spinge a fare certe scelte? Sono realmente persone senza scrupoli? L’autore scandaglia questo mondo ma non è stato facile: «Ho dovuto soprattutto combattere con la segretezza – rivela – che caratterizza entrambi i mondi; sia il grande speculatore che il grande criminale, nel momento in cui stanno facendo il loro lavoro, non sono disponibili a raccontarsi perché rischiano di bruciare quel che stanno facendo. Si possono leggere le memorie dei “pentiti”, dell’uno e dell’altro campo, ma in quel caso c’è sempre un di più moralistico che appanna l’oggettività della rappresentazione. In entrambi i casi, ho anche cercato di supplire a una mancanza di esperienza personale, in termini di specializzazione sia tecnica che psicologica».

Vera protagonista del suo romanzo è l’economia matrigna che divora, deforma e annienta la società e chi non soggiace alle sue ciniche logiche di potere. Tutto si può comprare, ogni cosa ha un prezzo anche l’essere umano, divenuto merce consumabile a tutti gli effetti. Un quadro crudo e desolante di una società alla deriva, in balia del dio denaro che promette surrogati di felicità. Un romanzo del nostro tempo, sulla fine del capitalismo o, meglio, sul suo logorante e prolungato declino. Per raccontare questa storia la formula del romanzo storico, miscela di realtà e finzione, sembrerebbe auspicabile ma non necessaria. «Resistere non serve a niente – spiega Siti – non è un romanzo storico, è un romanzo che racconta vicende contemporanee; ho semplicemente adottato una tecnica che appartiene alla tradizione del romanzo storico, che è quella di scegliere personaggi inventati per i ruoli principali mentre i personaggi secondari (o almeno alcuni) sono presi dalla realtà. Per me si trattava di creare appunto un effetto di realtà. Con la realtà è inutile competere, è troppo informe e irrappresentabile, si possono solo dare rappresentazioni approssimate; come già diceva Aristotele, lo storico racconta quel che è davvero successo, il narratore racconta quel che potrebbe succedere. Il narratore può suggerire le tendenze possibili, i movimenti oscuri della realtà, che magari non sono ancora visibili per lo storico». Personaggi di fantasia come il protagonista Tommaso sono creazioni letterarie paradigmatiche e intorno ruota un universo complesso in cui l’autore ci catapulta attraverso una scrittura asciutta e intensamente illuminante. Ma qual è la soddisfazione maggiore che questo libro può regalare al suo autore? «Oltre a qualche umanissima soddisfazione economica – conclude Siti – credo che la soddisfazione principale sarebbe quella di farsi leggere da lettori che non conoscono i miei libri precedenti, sperando che la lettura li induca ad affrontare anche quelli. I libri di uno scrittore finiscono per comporre sempre un unico libro, e l’autore spera sempre che sia conosciuto nella sua interezza. Ma l’incoraggiamento maggiore il libro me l’ha già dato, a entrare e uscire con più libertà dall’autobiografia, sapendo che non si esce mai veramente da se stessi».