La colpa è nell’arte

C215, pseudonimo dell’urban artist francesce Christian Guémy, indaga nei suoi lavori l’inedito connubio tra la street art e i canoni estetici della pittura seicentesca di Caravaggio. Mea Culpa, il progetto espositivo in programma fino al 24 maggio alla Wunderkammern di Roma, è un’affermazione di intenti dove l’artista, attraverso la sua personale cifra stilistica, riesce ad affrontare la tematica cristiana incentrata sul concetto di colpa e di peccato. Rivisitando i capolavori di Caravaggio – di notevole interesse la rielaborazione della Giuditta e Oloferne e del Davide e Golia – Guémy riesce ad analizzare il forte legame che la sua pittura, dedita alla descrizione delle fasce più disagiate della società, ha con l’iconografia religiosa propagata da Merisi. Guémy nasce a Bondy nel 1973, la sua formazione universitaria, basata sullo studio della pittura del XVII secolo, è sicuramente l’incipit per un approfondimento generale della sua cifra stilistica e della sua concezione estetica. Nel 2005 inizia l’attività artistica, i lavori di Guémy sono contraddistinti dall’utilizzo degli stencil e da un forte richiamo alla tecnica del chiaroscuro dove la presenza di una luce arrogante è sicuramente un tratto distintivo dell’artista francese. C215 diviene ben presto uno dei fenomeni più interessanti nel panorama culturale della street art. Le sue opere, presenti nelle metropoli di tutto il mondo, catturano l’attenzione per la loro grande forza espressiva. Nel 2008 arriva la consacrazione, il creativo, a seguito dell’invito di Bansky al Cans Festival di Londra, diviene uno degli urban artist più quotati nell’ambiente artistico contemporaneo. Durante la serata di inaugurazione di Mea Culpa, C215 ha approfondito le tematiche presenti nei suoi lavori contestualizzando la sua ricerca nell’analisi storico culturale della città di Roma. Abbiamo colto l’occasione per rivolgere all’artista qualche domanda:

Christian, vorrei in prima battuta approfondire il tuo rapporto con la pittura di Caravaggio. Ho letto che hai conseguito un dottorato di ricerca a Parigi riguardante la pittura del XVII secolo, in quale maniera la tua arte si collega ai lavori del Merisi?

«La vita di Caravaggio è stata sicuramente la prima fonte di interesse. Caravaggio dovette scappare da Roma e iniziò a vagabondare per non essere catturato, gli episodi della sua vita in fondo sono molto connessi alla realtà che affronta uno street artist. In secondo luogo il suo forte utilizzo della luce e del contrasto sono in grande congiunzione al mio stile artistico, come Caravaggio cerco di trasformare persone comuni in icone contemporanee. La mia ricerca è votata a indagare le identità che si trovano ai margini della nostra società. Il misticismo di Caravaggio rappresenta la sua esplorazione artistica che vuole svelare la verità, io cerco sempre la verità nelle vite altrui. Sento inoltre di avere delle corrispondenze anche per il mio incessante interesse verso il corpo e verso la pelle».

La mostra che presenti a Roma si intitola Mea Culpa. Qual è il tuo concetto di colpa?

«Questa ricerca è iniziata quando ho cominciato a realizzare i miei lavori a Roma. Molte volte quando dipingo cerco una sorta di ispirazione e nel momento in cui vedo che un paio di opere possono essere accostate è lì che scatta qualcosa. In questa occasione ho capito che il tema che legava le mie opere era il sentimento di colpa. Ho girato Roma come fossi un pellegrino affrontando la tematica del mio lavoro in maniera caravaggesca. I miei lavori parlano di peccato e di religione».

Ho visto che hai lasciato tra le strade di Roma un’opera intitolata Mea maxima culpa, di cosa si tratta?

«È una provocazione nei confronti della chiesa e del papa. Ho cercato di parlare della religione e delle sue implicazioni storiche perché la chiesa ha avuto a che fare con i regimi totalitari. Scegliendo come soggetto dell’opera Pio XII ho voluto sottolineare le sue colpe durante la seconda guerra mondiale quando, per proteggere la chiesa, ha scelto di stare vicino alla dittatura tedesca. È una lunga storia quella che riguarda la colpa, anche Caravaggio nei suoi dipinti ha affrontato questa tematica e credo che il suo interesse verso la ricerca del senso della vita sia il vero intento della mia arte».

Fino al 24 maggio; Wunderkammern, via Gabrio Serbelloni 124, Roma; info: www.wunderkammern.net