Bersani, Monti, Berlusconi e i cavoletti di Bruxelles

La campagna elettorale non è ancora entrata nel vivo ma un morto già si è visto. Ed è il solito: la cultura. Un fantasma che compare qui e là negli interventi dei più avveduti ma soltanto perché ci sta bene, come il cacio sui maccheroni.  Nulla di più. Un riferimento ad una vecchia zia che occorre fare per educazione e per abitudine anche se poi in famiglia tutti sanno che in fondo di lei non importa più granché ad alcuno. Se avete avuto la forza di assistere a qualcuno dei tanti dibattiti che già imperversano in Tv avrete notato che nessuno, dico nessuno, si è soffermato sul tema. Né Monti,Bersani, men che meno il  Cavaliere. Ripeto, qualche accenno qui e là, ma nessuno che abbia presentato non dico un programma centrato sul rilancio del sistema cultura di questo paese, ma almeno uno spunto, uno straccio d’interesse concreto verso la materia. Ma la domanda vera è perché non ne parlano? Tre personalità molto diverse, con estrazioni professionali, culturali e caratteriali altrettanto differenti ma tutte e tre indubbiamente lucide e dotate di non comune intelligenza perché tacciono su questo tema? Semplice dimenticanza? Non credo proprio. Ho l’idea che non entrino con la dovuta forza sull’argomento semplicemente perché sono convinti che nella percezione dell’italiano medio il patrimonio e le prospettive culturali di questo paese  occupino un posto molto basso. Un interesse talmente infimo che non merita neppure il dono di una promessa preelettorale, una bugia da cercatore di consensi.  Meno tasse, più sviluppo, più equità. Garantiscono l’impossibile ma tacciono sulla cultura perché questo è per l’appunto il paese con gli indici di lettura tra i più bassi d’Europa, con i musei vuoti,  con i tesori del passato che cadono a pezzi come il corpo docente delle accademie. È la ferrea legge della domanda e dell’offerta. Danno al popolo quel che chiede. Quindi facciamocene una ragione e proviamo a pensare che prima di convincere un candidato premier a occuparsi seriamente di cultura dobbiamo cambiare chi ci sta accanto. Dobbiamo, per esempio, convincere un figlio a leggere un libro di più e a fare un videogioco di meno, a disdire la pay tv e a sostenere con quei soldi un museo. Occuparci di cultura in prima persona, ecco che occorre fare, nella speranza che il prima possibile il nostro inutile parlamento venga soppresso e sostituito da quello di Bruxelles. Qualche cavoletto sarà sempre meglio di un esercito di broccoli.