Kama, sesso e design a Milano

Quando il sesso incontra la quotidianità, è il caso di dirlo. Perché la mostra Kama, sesso e design inaugurata oggi, fino al 10 marzo alla Triennale di Milano, incentra la sua forza comunicativa proprio su questo inattaccabile paradosso: come trovare lo spunto erotico nelle cose meno sessuali del creato. Come può un tagliere prendere le forme di una donna voluttuosa? Come può un divano trasformarsi in due succose labbra colme di lussuriose promesse? Ebbene, è possibile lavorando d’immaginazione. Basta che l’oggetto preso in esame si lasci stravolgere non più nella sua mera destinazione d’uso, ma nelle sue fattezze compositive. La sensazione è che gli utensili che tutti i giorni si hanno tra le mani possano incamerare il desiderio e il piacere sessuale, possano catturare, appunto, l’anima del mito indiano di Kama ed essere sublimati, così, a mezzi di pura conoscenza.

Un modo di mescolare la sessualità con l’arte che ha radici ben più remote rispetto ai nostri tempi. Un’ampia selezione di ritrovamenti archeologici, disegni, quadri, oggetti di vario tipo e artworks di artisti e designer internazionali, rappresentano infatti il cuore pulsante dell’esibizione, curata da Silvana Annichiarico, che ha spiegato come: «La mostra vuole analizzare il rapporto tra sesso e progetto, e vuole provare a fare i conti con uno dei fantasmi più esasperati, ma al contempo più rimossi, della contemporaneità. Vengono indagati modi, forme e strategie con cui la sessualità si incorpora nelle cose e ne fa strumento di conoscenza. La mostra nasce da un’urgenza: la necessità (e la volontà) di riconsegnare al design la sua facoltà di dare risposte materiali e oggettuali’ai grandi nodi ontologici dell’esistenza». E infatti è proprio il design il grande protagonista e, all’interno di questa irriverente esposizione, si possono trovare oggetti di uso comune caricati del doppio senso più audace, nella riproduzione di inequivocabili dettagli fisionomici di matrice sessuale confusi nelle forme più immediatamente riconoscibili di un utensile o di un complemento d’arrendo. E, come conferma la curatrice, l’esposizione ha «l’ambizione di essere una mostra sugli oggetti che hanno come matrice morfologica gli organi genitali e sessuali, ma anche le relazioni sessuali che il corpo intrattiene con altri corpi. È una mostra che studia come il sesso si deposita negli oggetti di uso quotidiano. Oggi ci interroghiamo, con essa, sul design e l’istinto di vita, la libido come pulsione vitale di cui parlava Freud».

La mostra è una multisfaccettata selezione di più di 200 opere erotiche di diversa matrice, provenienti dalle epoche più disparate: dai vasi etruschi agli amuleti fallici romani, dai disegni di Piero Fornasetti ai quadri di Carlo Mollino ed Ettore Sottsass, dal Mae West Sofa di Salvador Dalì al provocatorio The Great Wall of Vagina di Jamie McCartney, che comprende i calchi dei genitali di 400 donne diverse. Pezzi di design che affrontano le tematiche erotiche, perché «se il rapporto tra sessualità e arte contemporanea è stato indagato in modo approfondito ed esaustivo, il rapporto tra sessualità e mondo del design resta ancora ambiguo – continua Silvana Annichiarico – appena sfiorato, magari anche censito, ma mai sistematicamente analizzato. Credo che l’arte contemporanea si riallacci prevalentemente all’idea di sessualità tipica delle società primitive, e del paleolitico in particolare, con il suo legame al culto della dea madre e alla visione della femminilità come generatrice di vita e di morte, mentre il design sembra più vicino alle forme classiche, greche e soprattutto romane».

Quest’ultima prospettiva, infatti, dichiara un rapporto con l’eros di grande vitalità. I designer presenti con le loro installazioni alla mostra – Andrea Branzi, Nacho Carbonell, Nigel Coates, Matali Crasset, Lapo Lani, Nendo, Italo Rota e Betony Vernon – arricchiscono così, con la loro creatività, una visione del mondo artistico erotico diversa, offrendo un punto di vista svincolato dalle ricorrenti accezioni della sessualità. «Ho scelto proprio questi otto progettisti così diversi fra loro – specifica la curatrice – perché volevo declinare il tema come in un caleidoscopio, con matrici culturali e sensibilità differenti, in modo da creare un paesaggio complesso e contemporaneo». Andrea Branzi ha realizzato quattro mobili/tableau ispirandosi alle diverse interpretazioni del sesso nelle differenti culture. Lapo Lani, con Tempeste Cieche, ha realizzato una piccola architettura inviolabile e inaccessibile, sulle cui pareti sono tracciate scritte e disegni osceni a simbolo di una vitalità repressa e dell’assoluta solitudine umana. I Nendo, così apparentemente lontani dal sesso nella loro attività progettuale, rendono con poesia un parallelo tra il comportamento degli uomini e il mondo degli oggetti. Matali Crasset realizza uno spazio grafico in cui le persone possono relazionarsi attraverso dei filtri fra i quali sussurrarsi stralci di letture erotiche. Betony Vernon realizza una scultura in marmo Altissimo, Origin, dove la forma dei genitali maschili e femminili si fondono, cospargendo di sacralità gli spazi in cui si innesta. Nigel Coates offre una prospettiva cubista di oggetti domestici e complementi d’arredo, che costituiscono un complesso campo magnetico che definisce un asse di carica erotica. Nacho Carbonell dà una visione primitiva e ancestrale della sessualità attraverso l’uso del guscio-conchiglia, simbolo di una rinascita esperienziale. Infine Italo Rota realizza un grande modello/paesaggio/giardino, sintetizzando una nuova antropologia sessuale dove il movimento primitivo si ripete in maniera ossessiva, regalando dei punti di vista inediti.

La mostra, viste le tematiche affrontate, è stata vietata ai minori di 18 anni. Una scelta mossa dal fatto che, nonostante il mondo sia pregno di pornografia e sesso in ogni dove ed in ogni media o ambito creativo, trovare l’erotismo nella quotidianità, negli oggetti comuni, resta uno degli ultimi veri tabù. Kama, sesso e design non ha, infatti, l’intento di sconvolgere il suo pubblico, ma quello di mostrare un’altra faccia della medaglia di una delle tematiche più forti, ma anche più comuni, ad oggi ancora difficile da digerire. «C’è un unico scandalo che mi piacerebbe che KAMA scatenasse – conclude la curatrice – quello di indurci a pensare che il sesso, una volta tanto, non rappresenti affatto materia di scandalo».

fino al 10 marzo

Triennale di Milano, viale Emilio Alemagna,6

info: www.triennale.org