Gauli, un artista al fronte

La fondazione Corrente ospita, fino al 25 gennaio 2013, la mostra personale, curata da Deianira Amico, di Piero Gauli,ultimo esponente del movimento di Corrente, fondato a Milano attorno alla rivista Corrente di Vita Giovanile da Ernesto Treccani nel 1938. Sono gli anni del giro di vite del fascismo e la vicenda degli artisti e intellettuali che gravitavano attorno al movimento, da Guttuso a Sassu, da Raffaele De Grada a Vittorio Sereni, è un’esperienza al limite del frondismo. Piero Gauli (1916-2012), pittore autodidatta, studente di ingegneria e poi architettura a Venezia con Carlo Scarpa, si avvicina al movimento di Corrente dopo che la rivista era stata soppressa (giugno 1940). Le opere in mostra, selezionate nell’arco temporale 1939-46, si dividono per tecnica e dialogano per temi affrontati dall’artista negli anni di Corrente e di ritorno dalla guerra. Vicino alla lezione di Birolli, Piero Gauli porta avanti la ricerca della componente lirica di un colore che non comprime la composizione ma dà vita a una sorta di pittura in movimento, generatrice di forme metamorfiche in continua trasformazione. Nelle opere ad acquerello Gauli raggiunge esiti formali che hanno pochi riscontri nel panorama europeo dell’epoca, mentre nelle tele a olio è vicino a Migneco per il tocco vibrante della pennellata, a Sassu per l’acceso cromatismo, a Badodi per l’uso consapevole del vocabolario espressivo della deformazione.

Fil rouge tematico è l’autoritratto: in una sorta di continua elaborazione del proprio volto, a volte fedele al proprio aspetto, a volte trasfigurato fino a renderlo irriconoscibile, Gauli mostra la dimensione in cui si muovono le sue emozioni, visioni e paure più segrete. I volti delle figure femminili ad acquerello evocano un senso di presenza alieno e impenetrabile: alcuni si riducono allo schema sintetico di una maschera, altri nascondono, nella sovrapposizione di diversi volti, le sembianze del pittore stesso. Il lieve spostamento di un tratto somatico varia l’espressività del soggetto e, nella mistificazione della fisionomia, alcuni tratti riconoscibili come il naso aquilino, il viso emaciato, lo sguardo allucinato si rintracciano nella testa di Cristo del 1941 come nell’Autoritratto del 1943, dipinto nei pochi giorni di licenza a Verna prima della prigionia in Polonia. In un’opera-manifesto come l’Autoritratto in rosso del 1942, dipinto nell’anno di partenza per il fronte russo, Gauli mette a nudo i limiti della posizione dell’artista nei confronti della guerra e dichiara, attraverso quel pennello che tiene in mano a guisa di strumento di difesa e di libertà, una semplice verità: “io sono pittore”. Alla partenza per la campagna di Russia, alla metà del 1942, Gauli porta con sé una scatola di acquerelli, ma può realizzare solo pochi schizzi. Deportato come prigioniero di guerra nel campo di concentramento di Kholm, in Polonia, ai confini con la Russia, Gauli nel 1943-44 realizza una serie di disegni conservati al museo Gauli di Ramponio Verna: “dopo una lunga ricerca fra i campi di prigionia – scrive l’artista – ero riuscito a trovare un lapis copiativo. Mi costò delle sigarette ma mi donò la felicità di poter disegnare. Ebbi anche della carta, era quella distribuita per le lettere. Fu un conforto indicibile per me che giorno dopo giorno mi andavo incupendo nell’impossibilità di esprimere la mia fantasia. Mi rianimai portandomi fuori dal contingente con la gioia del disegnare, perchè avrei, nei limiti, ancora salvaguardato il mio essere artista”.

Gauli declina verso figure iconiche impresse nella carta come una sindone, in cui non c’è cronaca, non c’è racconto, solo visione: annota gesti quotidiani (Leggere, Fumare), si rivolge nostalgico a momenti di vita al di fuori del campo (Ragazze che danzano, Incontro), esprime l’angoscia della prigionia con un tratto secco (Attesa, Malore), mentre lascia che i contorni si perdano assorbiti dalla carta in Autoritratto e Deposizione. Il tema religioso, immune da ogni obiettivo devozionale, diventa, come per l’autoritratto, espressione del momento storico e personale di crisi. I blu-verdi, blu di Prussia, blu violaceo e d’oltremare di ascendenza modernista, sono i colori di una tavolozza usata spesso dall’artista, anche nella natura morta, per riferirsi alla dimensione psicologica del lutto e a quella spirituale del sacro. Attraverso il nudo femminile, invece, Gauli sembra esprimere uno slancio vitale di fiducia verso il riscatto dell’umanità tramite il ruolo della donna, il contatto con la natura primigenia (Donna distesa, 1941) e il miracolo della maternità (Lettura, 1945). Il tema del paesaggio, soprattutto del ritorno nei luoghi natii, rientra in un processo di topografia psichica di riappropriazione delle proprie radici che, dopo l’esperienza traumatica della guerra, per Gauli coincide con il recupero dell’espressionismo deformante memore dei maestri nordici e con l’utilizzo di una pennellata più densa e disperata che abbandona l’effusività dei timbri dell’acquerello. Conclude il percorso espositivo una Battaglia in cui le figure grottesche si atteggiano e fluttuano come spettri coinvolti in una danza macabra, un’opera che dà riscontro a una condizione esistenziale, individuale e collettiva, estremamente precaria. Il percorso si chiude cronologicamente con la fine della seconda guerra mondiale per segnare un’epoca e la storia di una generazione a cui la gravità della realtà storica ha imposto scelte e responsabilità individuali. E oggi, il tema dell’etica e della responsabilità, è più che mai attuale.

fino al 25 gennaio 2013

Fondazione Corrente, via Carlo Porta 5, Milano

info: www.fondazionecorrente.org