Paesaggi sfuggiti

La mostra personale, Attraverso, aperto, del giovane Federico Mazza, curata da Luca Arnaudo, è visibile dal 20 giugno fino al 20 luglio negli spazzi di  che si inseriscono geograficamente nel circuito delle prestigiose gallerie del centro storico capitolino. Il gruppo Art sinergy è attivo dal 2004, prima con numerosi spazzi sparsi sul territorio nazionale, dal 2010 solo con due gallerie: oltre quella romana e la storica a San Benedetto del Tronto. Comunque costante rimane l’impegno nel portare avanti “una precisa sinergia tra i valori delle idee e la qualità dell’investimento”, promuovendo la ricerca artistica più giovane. Ricorrente nel percorso Federico Mazza (1976) l’attenzione al territorio e ai paesaggi che circondano la capitale, fascino che ha radici nell’infanzia. I lavori in mostra appartengono alla serie Transit che, come spiega l’artista «sono quei luoghi che viviamo solo di passaggio, visti e rivisti di sfuggita, senza troppa attenzione, come dal finestrino di un mezzo in movimento».

Le opere di questa serie rappresentano una visione del nostro rapido mondo, nel quale il paesaggio diviene lontano e filtrato, la distanza tra uomo e natura sublima in immagini veloci e rarefatte, come i frame di un video. Mazza, infatti, alterna alla pittura un’intensa attività di grafico per il cinema, aspetto questo che non lascia i due campi privi di influenze. Si tratta di paesaggi della memoria, di cui l’artista restituisce l’emozione in lui suscitata da quella vista. Paesaggi annebbiati, come il ricordo o l’immagine di un sogno. Il risultato è una pittura sfuggente dove le immagini sono velate, sfocate e indefinite. Paesaggi dove è del tutto assente l’intento descrittivo o documentativo ma, essendo avvolti come da uno spesso filtro di nebbia, non permettono il riconoscimento dell’individuazione geografica. L’esistenza dell’uomo in questi contesti solitari e ammantati è solo evocata attraverso elementi che simbolicamente richiamano la contemporaneità: un traliccio dell’alta tensione, un radar, sono segni del nostro presente ma anche simboli della tecnica dell’uomo. Paesaggi reali, che assumono una dimensione altra proprio per il silenzio, il mistero e l’immobilità che possiedono, in opposizione al frastuono della vita metropolitana attuale.

Questa opposizione è un aspetto centrale nella ricerca dell’artista che restituisce immagini indefinite, malinconiche, sospese nel tempo, paesaggi definiti da una sensazione di lentezza e torpore. L’effetto cromatico e materico cambia in rapporto alla preparazione che precede il colore, che prescinde da un disegno preparatorio. Infatti le tele, di piccole e medie dimensioni, subiscono un particolare trattamento prima di ricevere la stesura del colore ad olio. Mazza stende molteplici strati di una imprimitura a base di resine acriliche, con l’intento di rendere il supporto meno poroso e più liscio. Attraverso una successiva levigatura giunge alla superficie, di volta in volta, adatta per accogliere la pittura. Diverso è quindi il risultato finale, in relazione a come viene trattato il supporto sottostante. Fondamentale è lo sforzo di eliminare il tratto dalla sua pittura, l’assenza di pennellata è riempita dalle campiture sfumate che rendono l’immagine come velata. «Si parte dalla mente – spiega l’artista – per poi passare alla visione, alla forma, una forma appena accennata, leggera, mancante di definizione, rarefatta». L’intento ultimo dell’artista è quello di creare un immagine che lasci un interrogativo nello spettatore, libero di interpretare ciò che intravede.

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